(M. Cecchini) – Con un pizzico di malinconico cinismo, lo scrittore americano Jim Thompson spiegava che ci sono 32 modi per scrivere una storia, ma la trama è sempre una: le cose non sono come sembrano. Probabilmente la storia di Daniele De Rossi e Alberto Aquilani era stata concepita troppo presto e in modo troppo scontato: i due romani, cresciuti insieme nelle giovanili giallorosse, destinati a diventare i dioscuri di centrocampo di una squadra a trazione sentimentale. Invece la narrazione ha preso uno dei 32 bivi possibili ed ha cambiato forma, diventando sceneggiatura di sentimenti traditi addii avvenuti, altri possibili. Fatto sta, però, che l’azzurro da tempo ha riunito ciò che il mercato ha separato.
Cuore Roma Oggi contro il Giappone, perciò, Cesare Prandelli affiderà ai due le chiavi del cantrocampo azzurro, sotto la supervisione di Sua Maestà Pirlo, ovviamente. Nel cuore di De Rossi, però, c’è anche altro, visto che viene sollecitato a tornare sulle dichiarazioni dei giorni scorsi («a Roma tante calunnie su di me») e lui conferma tutto. «Non è questo il momento di parlare di questo argomento. Rivendico le dichiarazioni che ho fatto, ma sarebbe irrispettoso se ora mi distraessi troppo pensando a Roma e al futuro. Il futuro è domani, poi il Brasile e quindi speriamo semifinale e finale». La Nazionale di sicuro lo rasserena, e Daniele marca la differenza anche tecnica con la Roma… «La serenità si costruisce negli anni. Quando è arrivato Prandelli la situazione non era delle migliori. In grandi appuntamenti non avevamo fatto bene, poi abbiamo ricominciato a ricostruire un’idea di gioco e di comportamenti. Non basta questa per alzare i trofei, però è una cosa che aiuta. In ogni caso, non penso che uno giochi bene solo perché è sereno, ma è perché è aiutato da un certo impianto, da un certo organico e dai compagni, mentre in una stagione negativa del gruppo, anche le prestazioni individuali vengono meno».
Spagna e Giappone Virando sul Giappone, De Rossi dice: «Kagawa è la stella, ma ora hanno una organizzazione tale che gli consente di essere pericolosa anche contro di noi. La Spagna? C’è un pizzico d’invidia. Non si stufano di vincere né di giocare quel calcio. Non ho mai creduto chiuso quel ciclo anche se il Barcellona ha perso in Champions. La Spagna mantiene un livello sempre alto, ma l’Italia continua a migliorare. Arriviamo noi in finale con loro, quindi significa che siamo sempre lì». Proprio vero. E stavolta con Aquilani a fianco. Una Nazionale col cuore romano, in fondo, è sempre un’emozione speciale.