(V.Meta) – Il Borussia potrebbe anche aspettare, il Real Madrid decisamente no. D’altra parte, vista la disinvoltura con cui si muove fra le lingue europee, nessuno meglio di Miralem Pjanic riesce a vedersi bene sui palcoscenici internazionali. In vacanza nella sua Sarajevo, il centrocampista non ha parlato direttamente del suo ventilato trasferimento al Borussia Dortmund, piuttosto ha confessato di avere un debole che non saprebbe fargli dire di no a un’offerta proveniente da Madrid: «Fin dall’infanzia ho sempre fatto il tifo per il Real. Sicuramente, questo è il mio club preferito». Queste le parole di Pjanic riportate dall’edizione online del quotidiano Oslobodjenje. La passione per i blancos, però, non gli impedirebbe di indossare la casacca dei rivali blaugrana: «Il Barcellona? E a chi non piacerebbe giocare per il club catalano?».
Messaggi d’amore a parte, il passaggio in Liga non sembra imminente: «Mi sento bene a Roma e a questo punto non so se lascerò la squadra questa estate». Un dubbio che conferma come per quanto a Trigoria non ci sia la volontà di cedere il giocatore, tuttavia l’ipotesi di un addio all’ex Lione non si possa escludere del tutto. Per età, talento e margini di miglioramento, Pjanic rappresenterebbe un investimento per qualsiasi squadra, a cominciare dai vicecampioni d’Europa del Borussia che, scrivono in Germania, sognano di fare del bosniaco l’erede di Mario Goetze, appena ceduto ai rivali del Bayern. Alla Roma non è comunque arrivata alcuna offerta, né dalla Germania né da altri campionati (prima dell’arrivo di Mazzarri, si era parlato di un interesse dell’Inter). Qualora dovesse arrivare, però, non è detto che Sabatini non sia disposto ad ascoltarla.
Ventitré anni compiuti ad aprile, una carriera fulminante nel Lione, Pjanic è stato il primo grande colpo di Walter Sabatini: il suo acquisto è andato a bilancio per quindici milioni di euro, più o meno la stessa cifra a partire dalla quale oggi il ds si metterebbe seduto per valutare un’eventuale proposta. D’altra parte, proprio Sabatini non aveva esitato a difendere il bosniaco da critiche ritenute eccessive nel finale di una stagione che, come la precedente, lo ha visto alternare prestazioni sontuose ad altre decisamente meno brillanti, complici i problemi fisici e una prolungata indeterminatezza tattica.
Quest’anno ha fatto nell’ordine: l’interno sinistro nel centrocampo a tre, l’esterno sinistro nel tridente, l’interno nel centrocampo a due e il trequartista, sempre in equilibrio sul confine che separa duttilità e confusione. Le cose migliori le ha fatte accanto a De Rossi (che avesse ragione Zeman?), poi è andato avanti fra lampi e passaggi a vuoto, anche se il più grave di tutti è stato il tweet con cui si diceva contento che a segnare la rete decisiva nel derby di Coppa Italia fosse stato il connazionale Lulic. E questo la fede madridista non basta a spiegarlo.