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IL ROMANISTA Prandelli pensa ai casi tuoi

Cesare Prandelli

(V. Meta) – L’Italia pareggia annoiando e annoiandosi in Repubblica Ceca e Cesare Prandelli invece di spiegare come mai abbia mandato Daniele De Rossi a giocare largo a sinistra, pensa a dargli l’ennesimo consiglio non richiesto: «Spero che cambi squadra». Tanto per ribadire il concetto che il ct va esprimendo ormai da quasi una settimana, da quando De Rossi ha raggiunto il ritiro della Nazionale a Coverciano. Da allora (era lunedì) tutti quelli che sono passati per l’aula magna del centro tecnico hanno detto la loro sul futuro dell’unico romanista del gruppo e l’unico a sentirsi in diritto di dirgli che cosa fare è stato il commissario tecnico, che Daniele l’ha conosciuto ventenne durante la brevissima parentesi romana dell’estate 2004.

Primo giorno, conferenza stampa di Prandelli: «De Rossi con noi è stato sempre fra i migliori in campo, contro il Brasile forse il migliore in assoluto. Il motivo? Qui non gli chiediamo di fare cose che non sa fare, mentre nella Roma gioca con troppa pressione addosso». Al di là del dubbio se ci sia qualcosa che De Rossi non sa fare (in questi anni ha dimostrato di cavarsela pure in porta), sorprende che dopo una dichiarazione del genere, nella partita che poteva dare all’Italia l’aritmetica qualificazione ai Mondiali del prossimo anno il ct lo abbia mandato a giocare in una posizione piuttosto insolita (in certi momenti è salito fin qualsi a fare l’ala) per rimediare ai vuoti spalacati da un assetto tattico che non funzionava contro il 4- 2-3-1 di Bilek. De Rossi ha fatto quello che ha potuto, anche perché intorno a lui sono andati tutti peggio, perfino una garanzia come Andrea Pirlo.

Un po’ come nella Roma di quest’anno, in cui solo nelle giornate sì di Pjanic ha avuto accanto qualcuno che lo spalleggiasse come ai tempi di Spalletti faceva David Pizarro. Sempre il primo giorno di ritiro, mentre De Rossi lascia lo spogliatoio per ultimo dopo l’allenamento mattutino, arriva la notizia dell’ufficialità del ritorno di Mourinho sulla panchina del Chelsea. Non passa un’ora che si comincia a parlare della lista della spesa consegnata ad Abrahmovic: cinque giocatori, in cima c’è Daniele De Rossi. La stima reciproca fra lui e il portoghese è storia di vecchia data, che a tutti e due piacerebbe lavorare insieme pure, molto meno che la cosa possa realizzarsi senza che sia Mou a sedere sulla panchina della Roma.

Nel suo viaggio a Londra per chiudere la cessione di Stekelenburg al Tottenham, l’ormai ex direttore generale Baldini è passato anche dalle parti di Stamford Bridge e di De Rossi si è parlato, anche se un’offerta non è stata formulataSe arrivasse, però, la Roma sarebbe disposta ad ascoltarla. Che non significa accettarla, anche perché l’ultima e decisiva parola spetterebbe sempre a Daniele. «È un ragazzo maturo e saprà fare la scelta migliore per lui e per la Roma», ha detto ieri Gigi Buffon, uno dei pochissimi compagni d’azzurro che De Rossi abbia voluto accanto a sé nella settimana di ritiro a Coverciano. Tre giorni fa il portiere aveva già parlato di lui dicendo «non lo vedo lontano da Roma»: un aggiustamento da interpretare come un cattivo presagio?

L’idea di un futuro lontano da Trigoria è di quelle dolorose, per quanto nell’ultimo anno il clima intorno a lui si sia un po’ deteriorato, fra le critiche di una parte dei tifosi  e le accuse di giocare solo in Nazionale. Tutte cose di cui De Rossi è abbastanza stufo, soprattutto se si considera che nonostante la stagione in ombra il suo nome è comunque il primo della lista di uno come Mourinho. D’altra parte, è anche consapevole che basterebbero due mesi sui suoi livelli normali per riconquistare tutti. «Voi non lo sapete Roma che cos’è», diceva qualche anno fa. Sicuramente non lo sa Prandelli, che non perde occasione per suggerirgli di andarsene. Forse può immaginarlo Buffon, lo sa benissimo Alberto Aquilani, che infatti dell’argomento ha parlato con grande sensibilità («credo che per Daniele quella di andare via sarebbe una decisione difficilissima da prendere»), ma alla fine conterà solo quello che pensa De Rossi. E nessuno meglio di lui lo sa, che cos’è la Roma

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