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LA REPUBBLICA Sconfitte, dimissioni e nuovi loghi: la lunga crisi di una squadra in apnea

Dirigenti As Roma

(F. Ferrazza / M. Pinci) – Una crisi profonda, esplosa la sera del 26 maggio. Da lì bisogna necessariamente ripartire, da quella disastrosa finale di Coppa Italia, per provare ad analizzare i “perché” del vuoto, sempre più ampio, che si è creato all’interno della Roma americana. Il derby è un inevitabile spartiacque, ma il fallimento di due anni di gestione comincia dalla scelta sbagliata di due allenatori, Luis Enrique prima, Zeman poi. Tecnici che, tra sofferte dimissioni e un licenziamento a metà stagione, non sono riusciti a conquistare spogliatoio e risultati.

E al vuoto della panchina — vacante dal 2 febbraio, giorno dell’esonero di Zeman, ormai 127 giorni fa — si è sommato quello dirigenziale con l’addio di Franco Baldini, inevitabile e atteso, ma comunicato nel momento peggiore, andando ad appesantire con un ulteriore vuoto il senso ormai dilagante di sfiducia: la Roma non lo sostituirà convinta di poter sopperire alla sua assenza con il tandem Sabatini (d. s.) e Zanzi (a. d.), entrambi per motivi diversi lontani dalla leadership richiesta alla guida di una squadra. Quella leadership che Baldini avrebbe voluto esercitare, scontrandosi però con l’ala americana rappresentata dal manager Usa Mark Pannes, dalla comunicazione a scelte sullo staff tecnico. La crisi di rigetto tra il leader dei dirigenti di Trigoria e l’ex Ceo statunitense è forse la madre dell’incompiutezza della Roma di oggi: in cui anche le iniziative costruttive — il cambio del logo a pochi giorni dalla finale di coppa Italia, arbitrario e subito rigettato dall’ambiente, il cambio della data di nascita, da sempre festeggiata di 22 luglio e anticipata dalla società, la hall of fame — si sono trasformate in teatro di contestazioni da parte di tifosi incattiviti: basta dare un’occhiata ai commenti al veleno a margine dei post che il club pubblica sui social network. E il malcontento generale ha travolto anche la seconda bandiera, quel De Rossi che fino a qualche anno fa sembrava intoccabile al pari di Totti. Insulti personali e quei 6 milioni di ingaggio continuamente rinfacciati, tanto basta per spingere il ragazzo a pensare seriamente, come mai prima, a dire addio alla capitale.

In un contesto simile sotto la lente d’ingrandimento finiscono inevitabilmente anche le scelte di mercato: 24 giocatori acquistati in un biennio di cui 9 già dismessi. E in molti casi, “cedere” per la Roma ha voluto dire non introiti economici ma esborsi: al 31 marzo il club aveva già emesso “incentivi all’esodo” (qualcosa di simile a una buonuscita) «pari a circa 7 milioni di euro», come da trimestrale, e a fronte di costi per il personale (banalmente, gli stipendi) ridotti di 3,7 milioni appena. In più la partenerhip con Disney è finita, a bilancio nelle voci di spesa per la pubblicità. Ai tifosi interessa certamente di più il vuoto tecnico: dopo i rifiuti di Mazzarri e Allegri, avrebbero volentieri spalancato le braccia a Mancini. Ora discutono Garcia e Bielsa, alternative non esattamente de lux. Ieri Sabatini era Madrid (anche) per l’allenatore: in pole position un “mister x” ancora anonimo, intanto dall’Udinese arriva il difensore Benatia: 6,5 milioni più la comproprietà di un giocatori e premi a rendimento. Basterà a ridare il sorriso a una Roma mai, negli ultimi anni, così in crisi?

I vertici: un club senza nessuno al timone. Pallotta lontano, Zanzi poco inserito – Baldini ha lasciato dopo aver perso la “guerra” con il manager Usa Pannes, il club è senza timone. L’autorità di Zanzi, nuovo a.d. non è particolarmente percepita e lui non sembra entrato perfettamente nelle dinamiche del club. Il ruolo di Fenucci è stato da tempo decentrato, il d.s. Sabatini è uomo mercato ma poco capace di “dirigere” un club. Resiste la figura di Baldissoni, ma fuori dai quadri dirigenziali. il presidente Pallotta è lontano ma forse è meglio così: prima della finale con la Lazio incontrò a pranzo Agnelli accordandosi per giocare la Supercoppa a New York. Almeno intempestivo.

I tifosi: contestazioni a Trigoria e insulti online, in 15mila però rinnovano l’abbonamento –  I quindicimila abbonamenti già rinnovati dicono che la fede è rimasta intatta. Meno la convinzione dei tifosi: dalle acerrime critiche per il nuovo logo a quelle per il compleanno (sbagliato) del club festeggiato dalla società, mai il dissenso per la Roma americana è stato così elevato. Per rendersene conto basta leggere i commenti sulla pagina Facebook del club, invasa in una settimana da quasi 1.500 commenti con maggioranze bulgare di critiche durissime. La finale di Coppa Italia persa ha lasciato una ferita profonda e anche l’iniziativa della hall of fame finisce nel mirino: “Ci prendete in giro?”

Il tecnico: “Straniero al 90% e di prestigio”. L’identikit di un allenatore che non c’è – Zeman è stato esonerato il 2 febbraio, e 4 mesi non sono stati sufficienti per dare alla squadra una nuova guida. Tanti i rifiuti ricevuti, da Mazzarri prima e Allegri poi, fino a Lucescu. Tanti anche quelli offerti e bocciati dal club, Stramaccioni, Dunga e Donadoni in testa. Per ora è arrivato un identikit: «Straniero al 90 per cento, una persona di prestigio ». Ma il nome in cima alle preferenze, dopo i sondaggi con Rudi Garcia e Bielsa, sembra essere un nuovo “mister x”. La gente ha fretta e spera addirittura nel “laziale” Mancini, pur di vedere garantita la competitività della squadra. L’annuncio soltanto a metà della prossima settimana.

Gli investimenti: in due anni spesi quasi 120 milioni ma dagli acquisti tante delusioni – Quasi centodiciotto milioni spesi sul mercato in 2 anni: da tempo a Roma non si vedevano investimenti simili. Eppure i risultati, anche a fronte di una valorizzazione del parco giocatori, sono stati straordinariamente deludenti. Dei ventitré giocatori acquistati nove sono già ripartiti e Osvaldo potrebbe essere il decimo. In più i due campionati al di sotto delle aspettative hanno certificato anche alcune evidenti lacune tecniche (carenza di esterni di difesa affidabili, centrocampo poco creativo): mancano giocatori di personalità, Totti a 36 anni è ancora uno dei pochissimi leader.

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