(F. Zara) Premesso che per sapere fare qualcosa bisogna immaginare di fare tutto; si dice qui che Kevin Strootman è figlio di un’utopia che molto (e molti) illuse e che ha avuto il merito di vedere germogliare i suoi semi anche a tanti anni di distanza. Il Calcio Totale, l’Olanda, gli anni ‘70, Cruijff e Neeskens, Krol e Resenbrink. Generazione di fuoriclasse per una delle più riuscite rivoluzioni del nostro pianeta pallonaro. Un’onda, un ciclone, una folata improvvisa di vento: l’Arancia Meccanica. Roba da togliere il fiato. Atletismo spinto, forza fisica straripante come premessa della superiorità tattica: erano ovunque, quelli, conquistavano – spostandosi come un esercito rapidissimo – terre fino ad allora sconosciute. Non giocavano solo a calcio. (…)
Mancino taglia e cuci, meneur de jeu davanti alla difesa (eppure nasce come trequartista), ma anche esterno di centrocampo in un ipotetico 4-3-3, puntuale e mai banale nel fraseggio, dotato di un discreto lancio, l’assist nel suo repertorio (20 nel biennio al Psv), la capacità di azzannare (con moderazione) le caviglie avversarie (mica per niente il paragone più frequente in queste ore è quello con l’ex milanista Van Bommel); Strootman è la dimostrazione che in Europa (Italia esclusa) se ci sai fare non stanno lì a disquisire sulla carta di identità: a 18 anni ha esordito con lo Sparta Rotterdam nella B olandese, un anno e mezzo dopo era al Psv (curiosità: con lui pure Mertens, oggi al Napoli, passò da Utrecht a Eindovhen), a 20 ha debuttato con l’Olanda del dopo-Mondiale sudafricano in una amichevole contro l’Austria, a 22 il nuovo ct Louis Van Gaal l’ha preso da parte e gli ha detto: il capitano sei tu. (…)