(M. Evangelisti) S’è quello che s’è a essere giallorossi, giallorossi veri e non attoruncoli. Pigliano pugni al basso ventre, si infuriano, strillano e con il sangue agli occhi ricominciano a sperare. Daniele De Rossi è tornato, dalle vacanze e dall’allegria che lo sfiora quando gioca in Nazionale. E’ tornato differente. Da ieri ha trent’anni. (…)
I dirigenti, che lo avrebbero pure ceduto e lo cederebbero ancora giusto per sgombrare il bilancio dal suo stipendio che è il più ricco d’Italia, hanno provato un certo brivido nel rivederlo. Lui ha provato un brivido simile nel rivedere i suoi compagni. La società gli ha dedicato un video di auguri e una raccolta di firme e versetti celebrativi su twitter e Facebook. Strootman, oggi come oggi compagno di linea mediana, ci si è tuffato e insieme con una serie di complimenti alla città e alla squadra ha scritto:«E’ un onore condividere con un campione del mondo la maglia che lui ha voluto sempre indossare. Spero resti con noi» .
E’ il mondo che cambia, anche se leggermente, lentamente. Forse è una brezza di cambiamento che non basterà a trattenere De Rossi a Roma. Eppure la sensazione che Capitan Futuro, soprannome ormai decrepito, possa essere ancora lì nei prossimi mesi, al centro della storia, si fa forte. Garcia non aveva ancora avuto modo di parlare con il giocatore. Ieri lo ha fatto, per mezz’ora. Se dipende da me tu sei il regista di questa squadra, gli ha detto. Se dipende da me io sono il regista di questa squadra, ha risposto De Rossi. Piccoli rapporti che crescono. Forse una malinconia che si dilegua.