(C.Zucchelli) Le ironie sono durate solo qualche ora. Primo allenamento della Roma a Trigoria, i giocatori entrano in campo, lui manca. Lui è Dodò, 21 anni, terzino che ha fatto innamorare in Brasile Walter Sabatini ma che, da quando è diventato romanista, ha fatto a malapena la comparsa. Dodò assente in campo e subito tanti a pensar male: «È sempre rotto». E invece Dodò stava bene, era semplicemente al Gemelli per le visite mediche. Nessun caso, nessun nuovo — ennesimo — problema al ginocchio, nessun rischio di ripetere il calvario della stagione scorsa. Da quel giorno si è sempre allenato: 10 giorni di lavoro, fatica e corsa.
RINASCITA Magari è presto per dire se sarà o meno il titolare della fascia sinistra, visto che nella prima uscita Garcia gli ha preferito Balzaretti, ma almeno Dodò un obiettivo ce l’ha: dimostrare di essere un giocatore. Non c’è riuscito mai l’anno scorso, né quando lo ha impiegato (col contagocce) Zeman né quando Andreazzoli gli ha dato un minimo di continuità. Problemi fisici nella prima parte di stagione, per via di un ginocchio (operato a novembre 2011) che ci ha messo una vita per tornare a posto, problemi di testa nella fase finale dell’anno. Per via della tanta inattività, una volta risolti i guai fisici, ha sofferto la pressione tanto che schierarlo al derby è stato un enorme azzardo da parte di Andreazzoli. Adesso però sembra essere rinato.
SFOGHI E INSULTI Sembrano lontani anni luce i giorni in cui piangeva con Sabatini e si sfogava per tutte le «cattiverie che si dicono su di me». Una volta al ristorante ha ascoltato due tifosi dire «ecco, è arrivato lo zoppo», un’altra invece si è sentito dire «i compagni non lo vogliono perché con lui giocano in 10». Questa è la cosa che lo ha ferito di più, tanto che voleva essere mandato a giocare altrove per ritrovare serenità.
MENTAL COACH Sabatini però lo ha bloccato. Vuole seguirne da vicino i progressi, soprattutto psicologici. «Dodò non deve avere paura», ripetono da Trigoria, convinti che se il brasiliano si sbloccherà la Roma si ritroverà con un capitale in mano e non più con un enigma. Anche per questo la società sta pensando di affiancare a lui (e agli altri) un motivatore. La figura del mental coach è ritenuta fondamentale e, come avviene in altri club d’Europa, la Roma potrebbe affidarsi a una struttura apposita. Intanto però, per ritrovare il sorriso, a Dodò è bastato lavorare coi compagni. E infatti, a piccolo un tifoso che durante un allenamento gli chiedeva come stesse ha risposto: «Benissimo. Che non si vede?».