(S. Bocconetti) – Non ci sono i contorni della spy story ma in fondo cambia poco. Si parla del caso Roma, si parla della “ripartenza” della squadra giallorossa, sotto l’egida del nuovo allenatore Garcia, segnata dalla misteriosa storia della telefonata “intercettata” fra il direttore sportivo Sabatini e l’amministratore delegato Fenucci.
Dove il primo, rivela, senza tanti giri di parole che la società ha bisogno di vendere almeno due dei suoi pezzi da novanta: Osvaldo, De Rossi o Marquinhos. Telefonata mandata in onda da diverse emittenti della Capitale.
La storia, come si diceva, perde i connotati del giallo: in realtà è stato un errore – che magari da un direttore navigato come Sabatini uno non si aspetterebbe –, un semplice errore. Il protagonista s’è scordato il telefonino acceso dopo aver parlato con un giornalista.
Poi, ha preso un altro telefono e ha chiamato Fenucci. Il giornalista ha capito di avere tra le mani uno scoop e l’ha mandato in onda. Sarà ora la magistratura, a cui si è rivolta la Roma, a stabilire se ci sia stata violazione di legge. Ma anche questo conta poco.
Conta di più il fatto che attorno alle vicende della squadra più seguita della Capitale, si torna a respirare un brutto clima. Un clima pesante, di sospetti. Di ricatti.
Esattamente come nel marzo dell’anno scorso, quando uno strano gruppo, guidato da un giornalista, Roberto Renga e da suo figlio Francesco, provò a turbare l’ambiente romanista inventandosi accuse di corruzione nei confronti di Franco Baldini.
All’epoca direttore sportivo, e che oggi ha cambiato aria. Accuse mosse da un gruppetto di “nemici” della nuova proprietà statunitense, orfani dei piccoli e grandi privilegi che riservava loro la vecchia gestione. Accuse sostenute da una “documentazione” tal – mente falsa e grossolana da essere passata alla storia come la vicenda del “dossier casereccio”.
A sventare il tutto, allora, fu Paolo Calabresi, al secolo “biascica”. Lavorava a Le Iene: a lui si rivolsero i truffatori. E lui, in meno di 5 minuti, fiutò “il pacco” e decise di passare tutto ai giudici. “Biascica” è, insomma, la persona giusta per provare a capire cosa accade in casa giallorossa.
Dunque, vedi analogie con la storia del dossier “c a s e re cc i o”? Analogie in senso stretto, certo che no. Quella era una bufala, fatta talmente male che i giudici l’hanno definita un’improbabile “baggianata”. Questa è una telefonata. Dove si parla normalmente di calciomercato.
Normalmente?
Mi stai chiedendo se la gestione Pallotta ha fatto errori? Ti dico che ne ha fatti mille. Ma è un altro discorso. Non c’è analogia fra le due vicende, ma il clima sembra lo stesso, non credi? Ovviamente io non ho tutti gli elementi, ma a naso ti dico di sì. Mi sembra che ci sia ancora una guerra, una guerra sotterranea. Tutto racconta che sulla Roma aleggia una strana atmosfera.
Per essere espliciti: credi che questo clima abbia influito anche nelle dimissioni di Baldini?
Anche qui posso solo risponderti per sensazioni. E ti dico di sì. Io ricordo bene quei giorni. E ricordo perfettamente lo stupore di Baldini, il suo sconcerto nel trovarsi invischiato in una squallida storia. Che non ha avuto alcuna rilevanza penale, ma ha svelato il grado di interessi che si muovevano dietro la vecchia dirigenza della Roma. Piccoli e grandi vantaggi che magari non si sono rassegnati. È probabile, anche se non posso dirlo con certezza. Ma l’impres – sione è quella…
Ma secondo te cosa dovrebbe fare un tifoso?
Tornare a fare il tifoso. Perché non c’è dubbio che quel magmatico mondo di radio, sponsor e quant’altro alimentino un brutto clima attorno alla squadra. Torniamo a fare i tifosi. Parliamo di Roma il lunedì mattina al bar. Non occupandosi delle vicende societarie? Non ignorandole, ma discutendone il lunedì mattina. Il resto del tempo va dedicato a discutere della cinquina di Pruzzo contro l’Avellino 27 anni fa, o a quella che farà Destro il prossimo anno.
Un’ultima cosa: come possiamo definirti? Attore, giornalista, creativo?
Tifoso. Innanzitutto tifoso. È vero, tutti mi hanno conosciuto quando mi sono spacciato per Nicholas Cage e ho chiesto e ottenuto di entrare a San Siro per assistere a Milan-Roma. Tutti pensano che l’abbia fatto per far parlare di me. La verità è solo che volevo vedere la partita e non avevo i soldi. Certo, da lì sono cambiate tante cose per me. Ma io sono e resto un tifoso.