(S. Carina) – Come era prevedibile la provocazione di Antonello Venditti ha diviso la tifoseria giallorossa. «Hanno pensato di levare il mio inno? A questo punto sono quasi felice. È tanto poco il grado di rappresentatività che ad un certo punto, visto che c’è gente che crede che io addirittura ci speculi, se lo tolgono non mi dispiacerebbe», le parole che hanno creato una divisione tra chi sostiene la tesi del cantautore (accusando Pallotta e il resto della dirigenza di aver cancellato dalle parti di Trigoria quel «senso di appartenenza» e quella «romanità» che da sempre sono il marchio distintivo della Roma) e altri che invece vi si oppongono (criticando l’uscita e arrivando anche a ricordare come l’inno in realtà non sia stato scritto solo da Venditti, ma soprattutto da Giampiero Scalamogna, scomparso il 3 luglio del 2010, e da Sergio Bardotti), la città giallorossa si spacca.
PASSO INDIETRO
Discussione che con il trascorrere delle ore ha assunto toni all’Ok Corral, soprattutto nei social forum. Al punto che Venditti ha deciso di fare un passo indietro: «Purtroppo è impossibile parlare della Roma in maniera pura e sincera – ha scritto sul proprio profilo facebook – e molti di voi pensano chissà a quale affare e malaffare ci sia sotto. Vi comunico che vi lascio alle vostre dietrologie e alle vostre guerre personali. Chi vuole capire, capisca. Io sono Antonello, non ho nessun padrone e soprattutto nessuna paura di esprimere le mie idee. Dico solo Grazie e Forza Roma».
LE REAZIONI
Le parole del cantautore, continuano però a far discutere. L’attore Giulio Scarpati, volto noto della televisione grazie all’interpretazione del ruolo di Lele Martini nella fiction “Un medico in famiglia”, è sarcastico: «Non è tanto il senso della romanità, a volte è il senso del ridicolo… Abbiamo trattato con uno sceicco che non era tale, parliamo da due anni di brand, di marchio e di esportare all’estero il nome della Roma. Tuttavia se non c’è una squadra che funziona, i gadget resteranno nel cassetto. Prima di pensare ad un’operazione commerciale c’è una squadra da costruire».Scarpati non punta dunque l’indice sul senso d’appartenenza venuto meno ma sui risultati insufficienti: «Non sono legato alla romanità, quello sinceramente lo ritengo un falso problema. La Roma è la Roma: può avercela qualsiasi proprietà ma resta la Roma. Per carità, non voglio essere frainteso: l’inno di Venditti è bellissimo e teniamocelo stretto. Sono però più preoccupato dal fatto che per ora c’è molta teoria da parte della dirigenza e pochi fatti. A parole va bene lo stadio, va bene tutto. Però prima devi creare una squadra competitiva. Mi sembra che si parta dalla fine e non dall’inizio». Perplessità che lo accomuna all’attore Massimo Wertmuller: «Quando Pallotta dice che la Roma va gestita come un’azienda, ricordo che è il senso di appartenenza che dà l’importanza di una cosa. In questo senso sono molto preoccupato: poniamo il caso che il businnes-Roma, come lo chiamano loro, venga meno perché non porta utili. Che facciamo? Lo buttiamo? Non parliamo di un’acciaieria che dici più ferro abbiamo, più ne vendiamo. La Roma è una squadra dietro alla quale si muove la passione di milioni di persone».
«CHE DELUSIONE»
Amara la constatazione dell’attore Stefano Masciarelli: «Questa gestione americana sembra quella di scherzi a parte. Abbiamo una società che non esiste e un presidente fantomatico per il quale la Roma è un semplice investimento. Non mi meraviglio, nel mio piccolo l’avevo capito dal primo momento che l’As Roma stava svanendo perché data in mano a persone che non conoscono né gli usi tantomeno i costumi di questa città. Ma si può andare dal Papa e dargli la maglia dei Boston Celtics? Se proprio non ne puoi fare a meno offrigli anche quella della Roma, senza che debba farlo Totti che rimane per me tifoso l’ultimo baluardo».