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IL MESSAGGERO Non sono canzonette

Antonello Venditti – Roma Roma

(P. Mei) – La mia Roma non c’è più, e spero che tolgano il mio inno: lo ha detto Antonello Venditti, cantautore romano e romanista. E’ la presa di posizione di Venditti ha subito avuto più eco del “Roma, Roma, Roma, còre de sta città” che è l’inno in questione e che una giornata sì e una no, secondo il palinsesto televisivo che è il calendario, tracima dall’Olimpico, cantato a piena voce da romanisti grandi e piccoli di età ma grandi romanisti, da ogni settore dello stadio quando è pieno, e sventolano le sciarpe e le bandiere e, quando ci sono e passano, gli striscioni che spesso sono fra i più divertenti dell’interomondo tifoso, in genere sfottenti al punto giusto.

Il mondo romano è ogni giorno pieno di voci che si spargono per l’etere: così la dichiarazione di Venditti, passata da Radio Centro Suono Sport, è stata subito una puncicata al cuore tifoso. Venditti, che ha il suo posto nella Tevere e guai a chi glielo toccasse, non è che finisce di essere romanista perché, come si sa, il tifo è per sempre, più fedele di ogni altro amore: interpreta l’umore generale. Perché il tempo passa e l’attesa è un sentimento che deprime, specie se non sai cosa ti attende. C’è più curiosità che non fiducia, per esempio, nell’allenatore Rudy Garcia, che si è ben presentato questo sì,ma che le ragioni del mercato hanno condotto sulla panchina della Roma dopo un paio di gran rifiuti (Mazzarri e Allegri) E dunque a Garcia sarà chiesto qualcosa in più, e si sa di quali pressioni si sia capaci a Roma, nel vorticoso passare dall’entusiasmo all’abiura verbale. Certo, c’è tempo: il calciomercato è lungo quasi tutta l’estate e perciò il tempo per la mossa giusta, lamossa che aggiusta la squadra (lemosse: molte ne occorrono in realtà) c’è; che aggiusta la squadra ma anche che dà una ventata di quell’entusiasmo portato via dalla sconfortante classifica finale e dal successivo derby di Coppa che, per la sconfitta e più ancora per il modo, ha smorzato il batticuore e portato il silenzio.

Per l’appunto: il silenzio che Venditti ha invocato sull’inno. E che poi ha chiarito in un post su Facebook: «Cari romani, romane, romanisti e romaniste di tutto ilmondo, voglio rassicurarvi sulle mie parole e sulmio pensiero rispetto agli inni per la nostra amata Roma! La mia voleva essere una forte provocazione per spronare il presidente e i dirigenti a riportare l’As Roma alla nostra cultura, rendendola più simile nei contenuti e nei risultati alla nostra grande storia di tifo calcistico, di sportività e di amore. Sempre orgoglioso di essere con voi, uno di voi….per sempre! Gli inni sono nel cuore e non appartengono più all’autore,ma ad ognuno di noi. Forza Roma». È la provocazione che ogni romanista vorrebbe fare pensando alla Roma che potrebbe, dovrebbe, venire: non la scombiccherata Roma delle ultime stagioni. Perché, pensa il giallorosso, faccia piangere sì, ma di gioia, e abbracciarci ancora.

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