(D. Giannini) – «L’individuo non è nulla senza il collettivo». Si presenta così Rio Mavuba sul suo sito personale. E’ la frase che più lo rappresenta, quella che è il simbolo della sua idea di calcio e forse anche di vita. E’ con questo spirito, con quello del collettivo che arriva prima di tutto il resto, che Mavuba è diventato un grande calciatore, è così che è diventato il capitano del Lille di Rudi Garcia. Un perno del centrocampo della squadra che vinse la Ligue 1. Di più, fu proprio lui, in quella stagione da favola a riceve dalle mani del presidente Sarkozy la Coppa di Francia. E’ sempre lui che, secondo molti quotidiani francesi“Potrebbe seguire Garcia alla Roma”. Lo dice l’Equipe, ma non solo.
Che Mavuba sia pronto a lasciare quella che è stata casa sua per 5 anni è una certezza. Sul finire della stagione appena conclusa sembrava che il raggiungimento dell’Europa fosse una condizione per poter restare. Le coppe non sono arrivate e quindi lui è pronto a prendere il volo. Per la seconda volta. La prima era stata nel 2007 quando scelse la Spagna e il Villarreal per tentare il grande salto dopo gli anni al Bordeaux. Ma fu un’avventura a dir poco sfortunata. Poche presenze, pochissime soddisfazioni e il rientro in Francia. Lui ricorda così quel periodo: «Non ha funzionato come speravo. Non ero molto conosciuto all’epoca. Ora sono pronto mentalmente. Voglio rivivere un’esperienza all’estero».
L’Italia e la Roma di Rudi Garcia che lo conosce alla perfezione sarebbe l’ideale per non sbagliare di nuovo. Ma su di lui ci sono tante squadre, tra cui le inglesi con (a quanto pare) l’Everton in testa. Il suo acquisto non sarebbe un investimento in prospettiva, ma un colpo che potrebbe dare frutti immediati. Perché Mavuba a 29 anni (e un contratto in scadenza nel 2015) è un giocatore maturo, nel pieno della carriera. Anche se da un po’ non è più nel giro della nazionale (ultima apparizione nel settembre del 2012 contro la Bielorussia). Una carriera costruita passo dopo passo, giorno dopo giorno, con forza e determinazione nonostante un’infanzia complicata. Una vita non semplice fin dall’inizio, come risulta anche dal suo passaporto. Sul quale nella riga del luogo di nascita si legge: “in mare”.
Proprio così, Mavuba è nato in mezzo all’Oceano Atlantico, in un punto non meglio precisato l’Angola e lo Stretto di Gibilterra a bordo di un battello sul quale i suoi genitori erano saliti per sfuggire dalla guerra civile in Angola, il paese della madre. Il padre, Mafuila “Ricky” Mavuba, invece era dello Zaire. Anche lui calciatore di buon livello, tanto che con la sua nazionale prese parte al Mondiale in Germania del 1974. Un mondiale che per lo Zaire, prima squadra dell’Africa sub Sahariana a prender parte alla Coppa del Mondo, si concluse dopo le tre partite del girone. L’ultima della quali contro il Brasile di Rivelino. Dieci anni dopo quel mondiale, il papà e la mamma di Rio, salirono su quella imbarcazione, ma le drammatiche condizioni di viaggio accelerarono il parto e lui nacque lì “in mare”. «La gente ride quando vede il mio passaporto, ma ormai ci ho fatto l’abitudine» ha raccontato lui qualche tempo fa. Una volta arrivati in Francia, i tre componenti della famiglia Mavuba ottennero lo status di rifugiati politici, ma per la legislazione francese Rio è rimasto apolide, senza cittadinanza, fino al compimento del 20esimo anno di età. Quando la ottenne entrambi i genitori non c’erano più, a 14 anni era già orfano. Ma questo non lo ha frenato, ha continuato a combattere per avere successo e ce l’ha fatta. Senza però dimenticare le sue radici. Il suo legame con l’Africa è rimasto fortissimo. Dal 2009, infatti, Mavuba ha dato vita alla Fondazione “gli orfani di Makala“, che è il quartiere alla periferia di Kinshasa nel quale era nato il padre, all’interno della quale ospita tanti ragazzi, tutti orfani di padre e madre