La domanda non è nuova, per quanto mi riguarda: alla fine di un èra calcisticamente geologica, quando una maglia sarà stata davvero l’ultima, quanti tifosi romanisti potranno dire di essersi meritati, davvero, Francesco Totti?
La domanda era pertinente già prima, lo è a maggior ragione dopo ieri pomeriggio, quando una percentuale non irrisoria di tifosi si è precipitata alla tastiera o al telefono per criticare, stigmatizzare, prendere le distanze dalle parole del Capitano.
Che poi, letteralmente, si riducono a una: ultima. A proposito della maglia destinata a rimanere storica per una serie di ragioni che dovrebbero far riflettere, al di là dell’interesse dei collezionisti.
Non era il contesto adatto, non serviva un’uscita del genere, è stato provocatorio, non si è comportato da capitano…Questi, in sintesi, i giudizi contro la sua dichiarazione al momento in cui ha indossato l’inedita casacca.
Tra l’altro, molti degli stessi che deplorarono il comportamento che la Juve ebbe con Del Piero a suo tempo, ieri magicamente hanno iniziato a portare come esempio proprio la fredda logica degli Agnelli e il silenzio composto dell’ex capitano bianconero.
A forza di parteggiare per i vari “campanili” interni alla pubblica opinione giallorossa, abbiamo finito per dissacrare pure l’unico simbolo che conserva la forza di essere aggregante, di riunire tutti sotto il suo ombrello ideale. Con i fatti, ancora e non solo con la storia.
Viene il sospetto che lo si aspetti anche al varco dell’inevitabile e per ora scongiurato calo di forma.
Totti per quanto ci riguarda va ascoltato sempre, a maggior ragione se le parole sono poche o una soltanto.
Non si può pretendere che funga da simbolo a giorni alterni, che faccia da scudo con l’amore che muove ai ritardi dirigenziali, quando poi è la dirigenza stessa a mettere in discussione, anche solo con ritardi e silenzi, il suo essere parafulmine di ogni situazione.
Paolo Marcacci