Premettendo che la definizione “vip” mi ha sempre dato un pochino fastidio – anche perché le reali ” very important person” quasi mai coincidono con quelle che vengono designate da quest’effimero titolo – si nota negli ultimi tempi uno strano ostracismo nei confronti di alcuni personaggi noti, diciamo così, riconosciuti da sempre come tifosi della Roma, autentici e non occasionali. Non credo che sulla fede giallorossa di Amendola, Venditti, Verdone si possa dubitare; non c’è o non ci sarebbe nemmeno bisogno di precisarlo. La loro militanza e appartenenza sono talmente suffragate dagli anni, dalle presenze, dalle prese di posizione che, anche se denunciano segni di stanchezza o disaffezione, le loro esternazioni – condivisibili o meno che siano – vanno intese come lamenti di innamorati traditi o quantomeno delusi. Non possono diventare dei nemici o, come si legge su alcuni social network, delle “zavorre” da scrollarsi di dosso. Sono personaggi noti che hanno la possibilità di trovare una cassa di risonanza per i loro malesseri o malumori da tifosi. Tanti si rispecchiano nelle loro posizioni, altrettanti si sentono distanti anni luce e non ne condividono neppure una virgola. Quello che non dovrebbe mancare mai è il rispetto per chi ama gli stessi colori ma con idee diverse su quello che è il momento storico vissuto dal club. È bene prendere a esempio la situazione di questi grandi beniamini del pubblico, nella fattispecie musicale e cinematografico, perché rappresenta il paradigma ideale per una riflessione su tutte le correnti di pensiero romaniste: ciò che abbiamo in comune dovrebbe tornare a prevalere su ciò che ci separa. Al momento, invece, le diatribe tra “americanisti” e “anti” cominciano pure a mettere in discussione la bellezza di un film come “Compagni di scuola” o di un brano come “Buona domenica”. Il vip – usiamola ‘sta definizione, per una volta – non è un tifoso che vale più degli altri; non vale neanche meno, però, anche se non la pensa come noi.