(F.Maccheroni) – Se la Roma in questi anni avesse vinto scudetti e coppe la questione avrebbe rilevanza zero: data di nascita il 7 giugno o il 22 luglio? E chi se ne importa? Il problema è che per i tifosi giallorossi sono tempi grami: la squadra non decolla, la finale di coppa Italia persa con la Lazio è un’onta indicibile e dalle parti di Trigoria è sempre più difficile trovare uno che «parla come magna». Il presidente Pallotta vive a Boston e il global Ceo Zanzi ha lo slang del Kansas City.
Una sorta di serie B morale quella in cui è sprofondato il tifo giallorosso. Tifo che però domenica notte ha reagito, tornando con la «feroce determinazione» che tanto piace al ds Sabatini – ma che da due stagioni non si intravede in campo – sulle tracce delle sue origini, a caccia della sua identità. Non c’è chiaramente nulla da festeggiare. Al massimo ci si può fomentare con i sogni di mezza estate, con il talento di Strootman e le possibilità di Maicon, che se è il vero Maicon li asfalta tutti.
In circa 500 con bandiere giallorosse, fumogeni e voglia di cantare Campo Testaccio, il primo inno (tanti saluti a Venditti) e gridare: buon compleanno Roma. Da qui, dall’origine, i tifosi giallorossi hanno detto di voler ripartire