(F. Maccheroni) – Dicono «Totti è così». Così come? Musone? No, dai. Nemmeno uno calato da Boston può non sapere che ci sono libri di barzellette, che ha la battuta tagliente, che fa la sua figura nei programmi televisivi e che De Laurentiis, non potendolo avere al Napoli, farebbe carte false per averlo in uno di quei film natalizi che sforna ogni anno. Totti non «è così» come s’è visto alla presentazione delle maglie. È «storto» (così si dice a Roma).
È come ogni uomo che si sente in bilico, che si accorge di non avere certezze da parte di una società che, dal primo giorno che si è insediata, ha cominciato a punzecchiarlo. Ricordate quel «pigro» e altre stoccatine? Per un club che compra un centrocampista (buono) e un giovane difensore (buono) per rafforzare due reparti apparente in buona salute e si trova senza portiere e affidabili difensori di fascia, Totti non può essere il problema più importante. E nemmeno per Totti è importante definire un contratto in scadenza fra un anno. Basterebbe una parola. Quella parola promessa e mai arrivata. O, al limite, basterebbe parlare chiaro