(G. Turano) – Non è vero che il calcio è una giungla. Esiste un certo ordine nella giungla. In cambio, il calcio è più divertente. Non solo durante il campionato o i tornei internazionali. I’inizio di luglio, per esempio,è la stagione del calciomercato e delle inchieste giudiziarie. Nel 2012, i temi focali erano la cessione a un club straniero di Zlatan lbrahimovic e le scommesse clandestine. Quest’anno, si attendono la cessione a un club straniero di Edinson Cavani e gli sviluppi della nuova inchiesta giudiziaria su una mezza dozzina di reati, dal riciclaggio all’evasione fiscale, che dieci giorni fa ha portato la Guardia di finanza in visita presso 41 sedi di società di serie A, B e Lega Pro, come pomposamente è stata ribattezzata la Serie C.
Qualcuno l’ha definito un blitz. Nulla di tutto questo. I club hanno consegnato con grande tranquillità quanto richiesto dal pool di magistrati napoletani che seguono l’indagine. Per come è organizzato il sistema del calcio professionistico, sarà difficile trovare grandi prove negli archivi ufficiali delle società. Mazzette e fatture gonfiate viaggiano estero su estero e ci sono sistemi a prova di rogatoria internazionale per nascondere la traccia dei soldi. Men che meno ci si può aspettare la collaborazione di qualche gola profonda. Le cose dello spogliatoio resteranno, come sempre, nello spogliatoio. I padroni del calcio, un’industria globalizzata che muove decine di miliardi, si farebbero torturare pur di tenere segreti i meccanismi finanziari della passione sportiva più diffusa al mondo. A favore dei magistrati c’è oltre un anno di intercettazioni a partire dalla telefonata fra l’attaccante argentino Ezequiel Lavezzi e il suo procuratore Alejandro Mazzoni, perquisito ad aprile del 2012.
Al di fuori degli investigatori, nessuno ha letto il resto della conversazione ma tutti nell’ambiente danno per scontato che la magistratura sia partita da una pratica tanto diffusa quanto banale. Per aumentare l’ingaggio a un campione risparmiando in contributi e tasse, si comprano tre mezzi brocchi e quei milioni spediti in Sudamerica tornano in tasca al binomio agente-campione. Se il proprietario del club non partecipa alla spartizione estero su estero, è semplice evasione, magari elusione. Se partecipa, è riciclaggio, anche se per adesso non risulta inquisito nessun padrone di squadra in omaggio a uno dei grandi luoghi comuni dei football che identificano il presidente in una sorta di ingenuo supertifoso pronto a finire sul lastrico pur di trionfare in campo.
Fra gli addetti ai lavori, come al solito, c’è la corsa al retroscena, diffuso previa garanzia di anonimato. Negli ambienti della Lega, la Confindustria del pallone con sede a Milano, si allude a qualche presidente borderline rispetto al traffico dei calciatori stranieri e si indicano fra i soliti sospetti quelli che vivono di calcio, o principalmente di calcio. Qualcun altro fa riferimento a una Grosse Koalition tra le squadre e i magistrati ai danni dei procuratori, visti da molti proprietari come parassiti colpevoli di gonfiare ingaggi e compravendite, ergo di devastare dei conti della serie A, dove gli stipendi si mangiano tre quarti dei ricavi. Sullo sfondo c’è la solita spaccatura fra i vincenti del momento (il milanista Adriano Gallani e il laziale Claudio Lotlto) e i perdenti di lusso: Andrea Agnelli della Juventus, la Roma degli americani e I’Inter di Massimo Morattl destinata forse ai nuovi padroni indonesiani.
In questo caos, prendersela con gli agenti è l’opzione preferita. Spesso sono loro ad accollarsi il lavoro sporco della contabilità parallela che arricchisce gli individui a discapito delle società. Ma anche loro come i club esprimono serenità e concetti ispirati alle banalità post-partita dei calciatori. Bruno Carpeggiani, presidente dell’Assoagenti calcio (Aiacs), offre una dichiarazione di prammatica: «Mi auguro che gli indagati dimostrino la loro estraneità. Non credo che la categoria sia sotto attacco. Comunque stiamo preparando un comunicato». Uno dei suoi colleghi nella giunta dell’associazione, Tullio Tinti, ottimi rapporti con Galliani e io juventino Beppe Marotta, nonché rappresentante di Andrea Pirlo, Giampaolo Pazzini e Alessandro Matri, taglia corto: «Mi richiami dopo le 20. Prima ho troppo da fare». Dopo le 20 non risponde. Troppo lavoro, a dispetto di una sospensione decretata l’anno scorso dalla giustizia sportiva della Federcalcio fino al 23 settembre 2015 e di un’indagine penale a Milano per riciclaggio insieme al faccendiere svizzero Giuseppe Guastalla.
Anche Alessandro Moggi, figlio di Luciano, ha espresso serenità e desiderio di continuare a lavorare dopo essere finito sotto indagine a Napoli con la nuova Gea in tempi da record. È passato appena un anno da quando l’agenzia è stata ripresentata a una festa per vip a Milano con l’impegno di limitarsi all’assistenza sui diritti di immagine e di non prendere più procure come faceva la vecchia Gea affondata dalle inchieste di Calciopoli del 2006 e dalle condanne per Moggi padre e figlio. «Niente procure? Dicevano la stessa cosa anche ai tempi della vecchia Gea», osserva con una punta di malignità Claudio Pasqualin, uno dei decani della professione. «In quanto ai diritti d’immagine, sono pochi i calciatori che hanno un mercato come testimonial pubblicitari. Con tutto il rispetto, che diritti d’immagine possono sfruttare Calaiò o Nocerino? La verità è che sono tempi molto duri per la categoria e che spesso le società non ci pagano i compensi stabiliti da contratto anche di fronte a decreti ingiuntivi». Nomi? Meglio di no ma, in effetti, le agenzie sembrano risentire della crisi del calcio italiano anche dopo che è caduto il tetto del 5 per cento sulla mediazione e dopo che, di fatto, è passato in cavalleria il divieto di incassare compensi sia dall’atleta sia dal club. La Tlt dì Tinti è tra quelle che vanno meglio con 3,4 milioni di ricavi 2012 e 1,9 milioni di utile. La Lawsport di Claudio Vlgorelli, agente di Dejan Stankovic e Samuel Eto’o, incassa 1 milione di euro scarsi. Fa poco meglio (1,3 milioni di euro) il Reset Group del trentacinquenne Davide Llppi, cresciuto nelle giovanili della Gea prima versione e figlio di Marcello, il commissario tecnico campione del mondo in Germania nel 2006. Ricava 1,6 milioni di euro ma ne perde 100 mila la Branchini Associati di Giovanni Branchini e Carlo Pallavicino che assiste Angelo Ogbonna, Sébastien Frey e Riccardo Montolivo. E in lieve perdita anche l’Italian Managers Group di Carpeggiani.
Gli unici che tirano sono i supercampioni stranieri. Ma quelli sono un’altra storia. Uno come Cavani, ad esempio, che sia venduto a 50 milioni di curo – quanti ne offre il Chelsea – o ai 63 milioni della clausola rescissoria fissata da De Laurentiis, farà ricchi i suoi mediatori. Sono entrambi romani.Plerpaolo Trlulzi, però, ha preso il brevetto da agente a Buenos Aires, dove risiede. Il suo socio Claudio Anellucci, in folta compagnia nella lista di chi si è fatto rubare il Rolex a Napoli, non è un procuratore ma condivide con Triulzi il controllo di Futbol & Transferencias, una srl che fa base in via Po a Roma e non deposita un bilancio dal lontano 2007, l’anno in cui “el Matador” uruguayano è sbarcato a Palermo alla corte di Maurizio Zamparini. La mediazione per Cavani sarà tracciabile, e tassabile, con facilità dal fisco. Diventa più complicato quando il proprietario dei diritti economici dell’atleta è uno dei fondi di investimento che stanno esportando in Europa artisti e artigiani del pallone dai paesi dell’America del Sud. Al momento di acquistare il brasiliano Felipe Anderson fifty-fifty dal Santos e dal fondo inglese Doyen Sport, Lotito ha duramente criticato la nuova pestilenza con una verve moralistica che tende a rimuovere le sue due condanne non definitive per Calciopoli e aggiotaggio, oltre ai processi per mobbing avviati da tesserati della Lazio e alla supercommissione (15 milioni di euro) pagata per Mauro Zarate alla società di diritto britannico Pluriel Limited dell’agente italiano Riccardo Petrucchi.
Non c’è solo Lotito a obiettare sugli aspetti etici di questo nuovo traffico di esseri umani. Anche Michel Platini, il presidente delle federazioni calcio europee, è abolizionista. Invece lo svizzero Joseph Biatter, 77 anni, il capo della Fifa e del calcio mondiale, è molto più tollerante. Per continuare il suo regno ed essere eletto per la quinta volta dal 1998 gli servono i voti delle federazioni sudamericane. E i boss del pallone in Argentina, Uruguay, Brasile investono i loro sudati risparmi in fondi sportivi che controllano calciatori.
Doyen Sport, un fondo di proprietà della società maltese Doyen Group, ha partecipato anche al montaggio finanziario del transfer del centravanti colombiano Radamel Falcao all’Atletico Madrid della famiglia Gil. Nell’operazione è intervenuto il fondo Quality controllato dall’ex dirigente del Chelsea Peter Kenyon e dal vero numero uno del calciomercato mondiale, il portoghese Jorge Mendes che con la sua agenzia Gestifutc ha un portafoglio clienti stimato in 490 milioni di euro dal sito tedesco specializzatoTransferMarkt. Due clienti su tutti: Cristiano Ronaldo e Josè Mourinho. E, ovviamente, Falcao ceduto al Monaco dell’oligarca russo Dmltri Rybolovlev per 60 milioni di euro, l’affare più ricco del calciomercato 2013.
Nessun club italiano può più permettersi queste cifre. Il neojuventino Carlos Tévez è costato un quinto di Falcao. L’attaccante argentino, che a 29 anni ha già cambiato sette squadre, è stato più volte venduto dal fondo Media Sports Investments (Msi) rappresentato da Kia Joorabchian, anglocanadese di origine iraniana che ha condotto la trattativa con il club di Agnelli. Quando i soldi di una mediazione odi una compravendita finiscono in una società come Msi, il cui reale proprietario non è mai stato individuato a dispetto delle illazioni su Roman Abramovich e del defunto Boria Berezovsidj, le possibilità di manovra sono molto ampie.
Del resto, un giocatore è per definizione difficile da valutare. Zamparini è finito in causa con l’agente Marcelo Simonian per avere abbassato il prezzo di cessione di Javier Pastore al Paris Saint-Germain degli emiri di Doha (Qatar) e ha dovuto rimborsare Simonian con 15 milioni di euro. Il Brescia ha sanato il risarcimento danni con la Juventus relativo a Calciopoli cedendo ai bianconeri il portiere Nicola Leali per 3,8 milioni di euro, quanto è valutato il numero uno titolare dell’Under 21 Francesco Bardi, più il prestito dell’altro azzurrino Fausto Rossi. Difficile sindacare.
Nello stesso modo, è problematico sostenere che le fatture per attività di scouting siano false. Il padrone dell’Udinese Gianpaolo Pozzo, ad esempio, che ha già subito una condanna per evasione fiscale, mette a bilancio costi di scouting e osservazione molto alti (21 milioni di euro, il quadruplo degli incassi da stadio) ma ogni anno lancia sconosciuti pescati ai quattro angoli della terra. «I comportamenti elusivi ci sono in tutti i settori dell’economia e non si può generalizzare», dice l’amministratore delegato di un importante club di serie A. «Chi ha sbagliato pagherà. Poi c’è un problema di concorrenza. Se il club cerca un determinato calciatore sul mercato estero, è naturale che si appoggi ai procuratori locali. E se vuoi un giocatore controllato da un fondo, devi trattare con quel fondo. Credo che questi fondi si possano accettare, magari con una forte regolamentazione». E’ vero anche che nel settore non sono le regole a mancare. Semmai difetta la capacità di sanzionare in modo efficace. Se questo vale per il business normale, a maggior ragione per il calcio. Dietro un investigatore, un magistrato, spesso batte un cuore di tifoso. Quindi, non generalizziamo. Nel calcio c’è chi si fa beccare. Gli altri, avanti come prima. La prova tv c’è solo in campo.