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ORA D’ARIA “Riflessioni sparse” di Paolo Marcacci

Ora d’aria di Paolo Marcacci

Il sogno di un bambino non si rinnova. Casomai, si cerca in ogni modo di realizzarlo, se lo merita. Il sogno da bambino di Francesco Totti era quello di giocare per la Roma, di vincere con quella maglia addosso, di dimostrare al mondo il suo valore assoluto e tutti i traguardi che sapere e che negli anni abbiamo visto realizzarsi.

Questo vuol dire che oltre a meritarli, li ha anche devoluti alla Roma: attraverso quei traguardi, ha reso al club un servizio in termini di notorietà, blasone, guadagni (mai dimenticare questo aspetto). Tutte cose scontate, però vale la pena ribadirle nel momento in cui sembra che tutto stia per concretizzarsi, anche se ci sono correnti d’opinione diverse sul come, sul quando e sul quanto. Anche soltanto dover stare a calibrare queste ipotesi appare francamente come un qualcosa di superfluo, se non una vera e propria mancanza di rispetto nei confronti di un giocatore del genere, che da qualche anno a questa parte incarna automaticamente l’immagine della Roma, soprattutto quando la si nomina al di fuori dei confini nazionali. Cioè, nell’habitat naturale del merchandising, una degli aspetti che maggiormente interessano alla dirigenza giallorossa.

Ecco perché quello di Totti non dovrebbe essere più considerato alla stregua di un contratto e perché il dovuto coronamento al sogno del bambino non è soltanto la metafora con cui è iniziata la rubrica odierna.

Ai tanti che rispondono che anche la Juve ha avuto la possibilità di prolungare con Del Piero e che non lo ha fatto perché questi sono i ragionamenti che impone la managerialità del calcio moderno rispondiamo che non solo non ce ne importa nulla, ma anche che la Juve ha sbagliato e che in una situazione del genere sbaglierebbe pure tra cento anni. Il rispetto per i simboli non è antico o moderno: è ciò che ancora dà senso al tempo che dedichiamo ai colori di una maglia.

Paolo Marcacci

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