(PANORAMA.IT – R. Vetere) “E’ eccezionale, ma se resterà non lo so…”. Poche semplici parole, quelle di James Pallotta, per rendere ancor più chiaro un concetto: Daniele De Rossi, per un’offerta che soddisfi la proprietà, può davvero partire. A rafforzare il concetto anche le parole di pochi giorni fa, quando, su precisa domanda, il patron giallorosso non ci pensò un attimo ad affiggere il cartello “in vendita” sul petto sanguinante di Capitan Futuro: “De Rossi? Tutti i giocatori sono sempre sul mercato”. Un titolo, quello di successore al trono di sua maestà Totti, che rischia seriamente di restare per sempre tale e non concretizzarsi mai in quello paventato in tutti questi anni. Perchè se su De Rossi i toni sono netti e chiari e accomagnano l’ormai 30enne romano ai cancelli d’uscita di Trigoria, lo sono altrettanto su Totti, ma ne decretano una volta di più la permanenza nella capitale: “Lui farà sempre parte della Roma, vogliamo che rimanga comunque alla Roma”. Lunga vita al re, dunque.
Due pesi, due misure.
E la strada intrapresa sul mercato avvalla probabilmente l’idea di una Roma priva, nel prossimo futuro, del suo eterno aspirante capitano. Per Nainggolan alla Roma manca il placet definitivo di Cellino, con Sabatini che lo andrebbe a strappare dalle nuove grinfie indonesiane dell’Inter. E con un Nainggolan in più a centrocampo, anche la mediana romanista avrebbe un giocatore polivalente da poter schierare proprio al posto di De Rossi. I fari del Chelsea si sono accesi e puntano proprio lui, perchè dopo il mancato passaggio sulla sponda azzurra di Manchester l’estate scorsa, sembra arrivata l’occasione buona per portarlo nel Regno Unito. Mourinho ci sta seriamente pensando. Se alla Roma convenga o meno privarsi di Daniele De Rossi, questa è un’altra questione. Ecco cinque validi motivi che la Roma ha, per cedere De Rossi.
Età – La carta d’identità non gioca affatto a favore di Capitan Futuro, che pazientando ancora qualche anno prima di vedersi insignito della fascia, rischia di veder spuntare rughe e capelli bianchi – ironizziamo – e di morire, calcisticamente parlando, sotto questa fastidiosa nomea. Conviene a De Rossi lasciare la Roma, perché le incomprensioni sotto Baldini e Sabatini e la gestione tecnica di Zeman, probabilmente hanno rovinato un rapporto roseo sbocciato dai tempi dell’infanzia. Forse conviene ancor di più alla società, ora che l’italiano compirà ormai 30 anni il prossimo 24 luglio e non è più un giovanotto. E se non sei riuscito a sciogliere un nodo grosso così, negli ultimi anni della tua gestione, è arrivato il tempo di passare il pettine altrove…
Affari – Un aspetto che va di pari passo con l’età del giocatore è il lato economico. In passato il nome di De Rossi si sposava bene solo con cifre da capogiro; 35/40/45: ok, il prezzo è giusto. Oggi le cose sono notevolmente cambiate, perchè De Rossi per una cifra che sfiori i 15 milioni di euro (ma anche qualche milioncino meno), verrà con tutta probabilità ringraziato e salutato da Sabatini, Garcia e Pallotta tutti assieme. E questa è l’ultima occasione per incassare un gruzzoletto significativo dalla sua cessione da poter reinvestire sul mercato. I 30 sono il giro di boa della irrimediabile svalutazione di un giocatore; passato quel traguardo, la strada è tutta in discesa. Ma per gli acquirenti.
Ingaggio monstre – Un conto è percepire stipendi da capogiro a Parigi o a Manchester, dove i rispettivi sceicchi continuano a fare le fortune – economiche – dei propri giocatori, ne sanno qualcosa Ibrahimovic e Aguero. Un altro è guadagnare 6 milioni di euro netti, in una società come la Roma, che al contenimento dei costi legati agli stipendi fa grande attenzione, con alcune comprensibili eccezioni (Totti). Ma il nuovo corso mette al centro della scena giovanotti dalle grandi qualità come Lamela, Destro o Marquinhos, i cui stipendi sommati assieme sfiorano a malapena la metà del Paperone della serie A, proprio Daniele De Rossi – assieme a Gigi Buffon – che intasca annualmente 6 milioni netti. L’eventuale cessione del centrocampista romano consentirebbe un sensibile abbassamento del monte ingaggi. E con il fair play finanziario che incombe, sarebbe un bel passo avanti.
Rendimento in calo – Le buone, buonissime, prestazioni offerte con Prandelli in Confederations Cup non sono affatto quelle mostrate nel repertorio personale delle ultime stagioni giallorosse. Apparso appannato in campo, anche per le tensioni dentro e fuori lo spogliatoio che ne hanno minato la serenità. Ma è un dato di fatto come De Rossi non sia più imprescindibile negli schemi giallorossi, avendo collezionato anche diverse panchine con Zeman, che inizialmente avevano il sapore dello sfregio. E avrebbe forse ancor meno importanza sul prato verde dell’Olimpico, una volta approdato Radja Nainggolan. I due potrebbero finire per pestarsi i piedi a vicenda.
Garcia e il sistema di gioco – L’arrivo del tecnico francese ex Digione, Le Mans e poi Lille, cambia le carte in tavola. Il suo modulo preferito è il 4-3-3 o, all’occorrenza, il più offensivo 4-2-3-1. Il centrocampo è il settore cruciale del gioco di Rudi Garcia, che a Lille era solito schierare un playmaker affiancato da due mastini (a Lille erano Cabaye e Balmont) capaci di buttarsi negli spazi all’occorrenza. E con l’eventuale approdo del tuttofare Nainggolan le caselle del centrocampo verrebbero completate con Pjanic e Florenzi (o Bradley, se dovesse restare). Tanti se, alcuni ma. La strada intrapresa sul mercato, però, pare ormai questa. E porta all’uscita di scena di De Rossi. E i pro e contro dell’operazione sono già sul tavolo di Sabatini e Pallotta. A loro la prossima mossa.