(G. Dotto) Ci sono ammucchiate e ammucchiate. Quelle pornografiche, la maggioranza, sono fatte per la platea. Apparentemente festose, nascono annoiate. Quella di Livorno era puro erotismo di gruppo. Il gol di De Rossi, il pretesto che serviva. Un’ammucchiata selvaggia, sfrenata, battesimale, per dire: la nuova Roma riparte da qui. Ha restituito bene il concetto Florenzi, uno che non la smetterà di stupirci: «Sembrava avessimo segnato in 25». Un errore della telecamera inquadrava Pjanic. Correva festoso verso il mucchio. Sembrava lui il marcatore, era anche lui. Uno dei 25 era anche Rudi Garcia. (…)
Da quando qualcuno ha pensato bene d’andarsene a specchiare la sua anima bella sul Tamigi dove, probabilmente, insieme alla propria atavica e boccoluta malinconia ha visto affondare con una pietra al collo lacreatura mai nata chiamata “progetto” (degli allenatori profeti, dei giocatori in divenire, di una parola sempre forbita e, insomma, di un calcio in perenne contemplazione del mondo perfetto), la Roma ha decisamente, qualcuno dice brutalmente, virato verso il suo opposto, ilpragmatismo assoluto. L’idea elementare, se vuoi bieca, che per vincere bisogna educarsi a vincere, che le sconfitte sono contagiose come la peste. Dagli angeli che non hanno sesso, alla sporca dozzina. (…)
A cominciare dall’allenatore. Quarta o quinta scelta. Accolto con tutto lo scetticismo di cui sono capaci gli scettici a Roma. Feroce. Rudi Garcia sta dimostrando di essere all’altezza della faccia che ha. Di meritarsela tutta. Garcia è la garanzia. Lui ha, e sa di averla, la misteriosa facoltà che hanno certi uomini di evocare il meglio dal loro prossimo. Si chiama transfert. Vedi Mourinho, il paradigma di questa specie. Garcia ama i suoi giocatori, ci parla in continuazione. Comunica, sorride, li abbraccia. Fa mucchio. (…)
Totti e De Rossi sono stati i primi a “riconoscere” Garcia. Parte da loro la sporca dozzina che farà la fortuna di questa Roma. Totti ci crede. Gli piace questo mister e gli piace la squadra. Se insiste quel velo di malinconia nel suo sguardo, no, non è il contratto, è che sa che il suo tempo sta arrivando. Essere Totti e sapere che un giorno non lo sarà più, non dev’essere facile. Francesco è un filosofo naturale, uno portato più a smorzare che a incendiare, ma in questa Roma ci sta bene, si diverte. De Rossi, era una vita che non lo vedevano così sereno, allegro persino. E’ rinato. Ritrovarsi intorno altre facce da leader lo fa sentire più leggero. Ci crede. In se stesso e nella squadra. Non si sarebbe mai perdonato d’andar via e ritrovarsi, magari, una Roma vincente senza di lui. Vuole essere quello che Jim Pallotta, il pragmatico numero uno, gli ha chiesto di essere: semplicemente Daniele De Rossi. (…)
Morgan, già a partire dal nome. Un corsaro della vita fatta pallone. Una rivelazione. De Sanctis, leader di tutto. Sembrava un portiere in declino, di risorse e di motivazioni. Falso. «Mettete a posto gli scarpini. Volete andare in Champions League e neppure mettete a posto gli scarpini!», l’hanno sentito urlare negli spogliatoi. Era appena arrivato. Lega in particolare con De Rossi e Balzaretti. Un micidiale, provvidenziale rompicoglioni. (…)
Già. Kevin Strootman. E siamo a 4. La sua è veramente una faccia che promette il peggio. E lo mantiene. Arriva a Trigoria un’ora prima degli altri per fare lezione d’italiano e s’incazza perchè sa poco, ma capisce già tutto l’italiano di Garcia. Mai visto prima uno così ragazzo e tanto leader. Dai 17 in poi è sempre diventato il capitano delle sue squadre. I compagni, inclusi Totti e Pjanic, lo considerano un top player. (…)
A proposito di brutti, sporchi e cattivi, chi oserà mai soffiare in faccia a Maicon? E’ diventato il capo dei brasiliani, e non solo. Si porta addosso, come uno scudo invisibile, la gloria del “triplete”. Ha preso Dodò sotto la sua ala protettrice. Ha investito Osvaldo, riluttante in allenamento, con la sua furia animale: «Che hai vinto tu? Niente? E allora comincia a correre». Il “triplete” Benatia non ha bisogno di vincerlo. Ce l’ha nella testa. Forza, sguardo che inchioda, personalità da vendere a secchi. Meglio averlo dalla tua parte. Uno che ti mette pressione solo a guardarlo. Fa gruppo fisso con Pjanic e Jedvai, altro tipino da prendere con le molle. Benatia è uno che non ci sta. Uno tosto, con il senso della sfida. Quando gli hanno scritto che era lento, ha sfidato il giornalista a venire a Trigoria a controllare i suoi test di velocità. (…)
Miralem Pjanic voleva restare a Roma. Non ha mai avuto altro per la testa. Altro leader naturale. Amatissimo dai compagni. Rudi stravede per lui, lo considera la luce. Lui, Strootman e De Rossi in mutazione continua, a indovinare corridoi invisibili. Inseparabile da Benatia e non solo per la lingua francese. Insieme hanno adottato prima Jedvai, poi Gervinho e ora Ljajic. In quanto cocco di Garcia, “Gervi”, come lo chiama l’allenatore, è stato accolto con scetticismo. Ma Rudi non fa sconti. (…)
Ve lo raccomando Tin Jedvai. Una postura alla Franco Baresi. 17 anni, ma una personalità che fa, letteralmente, paura. Non fosse stato il talento clamoroso che è, avrebbe avuto un’interessante prospettiva da serial killer, magari solo cinematografico. La stessa presunzione, la stessa testa fredda, lo stesso sguardo gelido. Si riconosce nella sfrontatezza di Balotelli, anche se non nella sua inutile e fastidiosa stravaganza. Non arriverà mai a cavallo a Trigoria, come ha fatto il Balo ad Appiano Gentile. Tra un rispecchiamento e l’altro, Franco Baldini ha tentato di soffiarlo alla Roma. Jedvai come Strootman, a Roma a vita. Sono già stati a cena la prima sera lui, Pjanic e Ljajic. Un croato, un bosniaco e un serbo. (…)
Ne mancano due a completare la sporca dozzina. Aggiungeteli voi. Uno è certamente Florenzi. L’altro potrebbe essere Ljajic. Appena arrivato, si è attaccato a ventosa a Pjanic. Ha preso la maglia di Lamela. Responsabilità micidiale. Dicono gli schedatori seriali che non canta e affonda le dita nei barattoli di Nutella. E’ ancora un po’ spaesato. Stava a Firenze, s’immaginava a Milano, si ritrova a Roma. Ha debuttato in conferenza stampa con un’incantevole gaffe (“Sono venuto alla Fiorentina perché ha ottimi giocatori”). Aggiungo io che il giallorosso gli dona e che con la Lazio ha un fatto personale (…)