(M. Evangelisti) – Forse è la lingua, anzi, le tre lingue che Rudi Garcia mescola disinvolto cercando le parole per dirlo. Oppure lui è così, riserva i discorsi energici ai suoi giocatori e quando deve spiegare in pubblico il suo operato e specialmente quello degli altri non riesce ad entusiasmarsi. Sul mercato dirò solo una cosa, promette, e si ritrova a disquisire di acquisti e cessioni e nulla osta per venti minuti. (…)
IL CASTELLO – Francese, italiano e spagnolo con contorno di interprete. Garcia non vuole essere frainteso. E sarebbe facile. Non nasconde una sillaba di quello che pensa. Anche perché lo considera ovvio: «A qualsiasi tecnico piace un giocatore che segna 15 gol e viene convocato dall’Argentina» . Ovviamente significa che a lui piaceva e piace Lamela. «Avrei desiderato che la rosa rimanesse quella dell’inizio. Era competitiva. Ma tra i due aspetti del calcio, l’economico e il tecnico, spesso è il primo a prendere il sopravvento. Noi allenatori dobbiamo fare il meglio con ciò che ci danno. Di Paris Saint-Germain e Monaco non ce ne sono molti» . Si rende perfettamente conto che questa Roma è un castello di farina. Lo spianano e lo ricostruiscono diverso ogni giorno.(…)
NELL’ARIA – Dunque sì che lo deve spiegare: non ce l’ha con la Roma, sta svolgendo il lavoro che si aspettava, in una società attenta agli equilibri economici. Non si aspettava di arrivare in un giardino dell’Eden, le cessioni di Marquinhos, Osvaldo e Lamela erano «nell’aria già dai primi momenti» . Apprezzabile confessione. In quei primi momenti la società ai tifosi raccontava tutt’altro. Non per questo Garcia si schiera dalla parte dei contestatori. «Mi pare che le cose siano cambiate da quel punto di vista. Alla presentazione della squadra c’erano diecimila persone più dell’anno scorso» . Non esattamente, però l’entusiasmo non è mancato. Insomma, nel bene e nel male, in ricchezza e in povertà, questa sarà la squadra di Garcia e il francese non la rinnegherà. (…)
PARTENZE – Infatti il suo attacco non è come la formazione che ha tra le mani adesso, senza Destro, senza centravanti, con Lamela da utilizzare solo in caso di emergenza rompendo la teca di vetro, però ci somiglia. La differenza è che non viene plasmato dalle forze esterne. Deve, o dovrà quando sarà al completo, mutare di continuo per energia propria. «Tre punte e questo è l’unico punto fermo. Tre uomini complementari e intercambiabili. Per confondere la difesa avversaria» . Finisce per non parlare quasi mai della partita. Normale, in fondo: il Livorno e là e nessuno lo toglie di mezzo, va affrontato e battuto.