Tutto gira attorno a un pallone che gira poco, in verità, per la forza con cui viene colpito: poche circonferenze da percorrere perché il tempo non c’è; lo sa bene Bardi, fino a quel momento eroe dei labronici, che a ogni intervento si girava per chiedere ai fotografi se l’avessero immortalato, L’appoggio indietro di un Totti da contratto a due vite – più la reincarnazione che gli tocca di diritto, con relativi bonus – e la botta di De Rossi che sembra soprattutto un colpo di spugna su un passato recente trascorso più presso i media che nella linea mediana. È al minuto sessantacinque, tardi sulla tabella di marcia del predominio territoriale, che arriva la ratifica di una superiorità indiscussa, tanto che poi anche l’incantesimo che bloccava Florenzi evapora all’angolino basso, complice l’ingresso di Gervinho in versione fattucchiera haitiana. Ci sarà tempo, nei dibattiti a freddo, per pesare la consistenza del Livorno che sembra allenato da Enzo Paolo Turchi – perdonateci la goliardia -, nel frattempo oltre ai tre punti che fanno morale e danno nutrimento al lavoro, bisogna mettere nel carniere il positivo approccio di Rudi Garcia – ride il telefono – con la cabala: vittoriosi alla prima dopo un mucchio di stagioni e vittoriosi sotto il fischietto di Massa, i cui precedenti coi colori giallorossi erano, prima di stasera, simili a quelli di Amelia, la strega del Vesuvio. Citiamo pure un personaggio di Disney, quindi valorizziamo il brand. C’è spazio, sul velluto del possesso palla, per un paio di considerazioni: Morgan tra i pali ci mette la voce e addirittura l’eco; ma soprattutto: se di Maicon c’avevano detto che il suo inizio sarebbe stato un po’ diesel, cosa accadrà da quelle parti quando andrà a benzina?
Paolo Marcacci