(ilmessaggero.it) – Il nostro collega Marco De Martino è morto nel tardo pomeriggio di ieri. Stava correndo a Villa Ada insieme con la fidanzata Barbara, come tante altre volte. Lo sport era la vita di Marco. Inviato sulla Formula 1, esperto di tennis con un passato da classificato, era da sempre molto attento alla forma fisica e anche per questo non beveva alcolici, non fumava. Era uno sportivo vero, prima di essere uno degli inviati di punta de Il Messaggero, firma storica nel mondo dei motori.
Marco aveva iniziato la carriera di giornalista a Il Messaggero facendo passo dopo passo tutta la gavetta: collaboratore, articolo 2, praticante, professionista, caposervizio, inviato. Aveva iniziato seguendo la Roma di Erisskon, e alcuni articoli densi di ironia sono ancora nella memoria di molti lettori del nostro giornale: “Cornetto e cappuccino amaro anche stamattina per Sven Goran”.
“E’ morto tra le mie braccia, Marco è morto tra le mie braccia” racconta Barbara dilaniata dal dolore. Stavano correndo, Marco si è fermato dicendo: “Aspetta, mi fa male la gola”. Poi un susseguirsi di eventi tanto rapidi quanto tragici. Si è appoggiato, poi è caduto, sembrava svenuto poi ha smesso di respirare. Non si può morire così. Dopo aver girato per vent’anni il mondo, dopo aver visto tutto e scherzato su quasi tutto. Morire durante una corsa come il suo amico Ayrton Senna. Aveva 57 anni. Data e luogo dei funerali sono da definire.