(P. Mei) – L’ulivo che crescerà nel giardino dei due Papi, in Vaticano, ha ricevuto le sue belle manciate di terra di Roma dalle pale tenute in mano da Buffon e Mascherano, i capitani d’Italia e Argentina (Mascherano di complemento, in assenza di Messi), prima “che la festa cominci”. Inni e canti, quello nostro intonato a gran voce anche da Osvaldo (si è beccato pure qualche fischio), che pure da bambino deve aver imparato l’altro, ma il ragazzo s’adegua velocemente; striscioni sugli spalti, compreso quello che tutto riassume, con la bandiera argentina e il tricolore sui due lati e al centro il numero 12, dedicato a Papa Francesco “uno di noi”, stampato.
Lamela si prende il premio dell’applausometro giacché, perfino colorato in biancoceleste, la Sud lo riverisce; c’è curiosità per Biglia, il laziale nuovo che sarà di casa qui e sente subito qualche coretto giallorosso, ma forse non ci fa caso, né ci avrà fatto caso Pektovic che sorride a due tifosi romanisti che si fanno fotografare con lui e uno di passaggio suggerisce che è “l’effetto Papa” e il grande Pekto dice che ci vorrebbe proprio: anche De Rossi lo disse aggiungendo «chissà se basterà»; la Roma ha un rappresentante ideologico: Rudi Voeller che qui impedì un’altra volta da mondiale a Maradona, anno ’90; e un rappresentante vero, Rudi Garciache dice: se restano Osvaldo e De Rossi sono felici loro perché la Roma è una grande squadra e sono felice anche io; il Pocho Lavezzi va in panchina: aveva già provato la posizione seduta facendosi immortalare sulla sedia del Papa e divulgando l’immagine via social, “el Papa Lavezzi” era l’ironia.
L’Olimpico non era pieno ma abbastanza: più dello Stadio Luzhniki di Mosca dove si svolgono i mondiali di atletica, tranne il giorno della Isinbayeva. Che succedeva qui, ci fosse stati Totti? E poi era il 14 agosto, con la crisi delle ferie e le non ferie da crisi, e l’assenza di Messi, di Balotelli e di Papa Francesco. Che magari stava davanti alla tv aspettando un gol alla Pontoni, ricordo del piccolo ultrà del San Lorenzo de Almagro e il fair play che aveva raccomandato: c’è stato, un solo ammonito e per proteste. Pazienza per il gol: si sarà accontentato della rete di Higuain nel primo tempo (nu’ babà per i tifosi del Napoli) e, appena al ritorno in campo, della stangata di Banega, fresco entrato al posto di Lamela.
Ora Prandelli cambiava i pendagli al suo albero di Natale, fin dalle radici giacché usciva Buffon ed entrava Marchetti, applausi e fischi stracittadini per lui che subito smanacciava su un cross argentino e poi splendidamente negava la doppietta a Hig