(E.Sanzotta) In questa strana estate abbiamo visto andar via alcuni tra quelli che erano forse i migliori calciatori di prospettiva.Penso a Lamela e a Marquinhos, Sono arrivati al loro posto altri da vedere e sperimentare. Ma abbiamo capito che sempre più il nostro attaccamento non può che essere limitato alla maglia. I protagonisti vanno e vengono, solo quei colori sono i nostri e ci rappresentano, Così non mi stupisce che nonostante due partenze così pesanti, 20 mila romanisti abbiano fatto l’abbonamento con la Roma. Non mi stupisce perché questa tifoseria ha imparato che i calciatori sono professionisti e vanno dove li porta il portafoglio, non certo il cuore. Oggi sul Romanista guardavo la foto di Giacomino Losi con De Rossi. Da bambino avevo Losi tra i miei idoli e mai mi sarei aspettato di vederlo giocare con altri colori. Oggi invece tutti sono sempre sul mercato, i giuramenti d’amore eterno sono solo ipocrisie, dipendono dalle offerte. Bene saperlo per evitare delusioni. Ma a Roma un pizzico di cuore romano nella squadra c’è ancora. Qualcosa che non ritroviamo nelle altre compagini di serie A.
Domenica a Livorno le due reti sono state segnate da De Rossi e Florenzi, due ragazzi cresciuti in casa nostra. E se ci fosse stata anche una rete del Capitano la festa sarebbe stata completa. Questa nostra diversità teniamocela cara. Anzi rafforziamola. Cerchiamo tra i romani e i romanisti altri che possano andare a far compagnia a questa nostra pattuglia di eroi che in campo mettono il loro professionismo, come gli altri, ma in più ci mettono quell’amore per la maglia della loro vita. Sarebbe bello vedere tanti romani e romanisti in squadra, Intanto abbiamo ciò che altri non hanno. Gli altri sono professionisti, giocano per noi, per i nostri colori. Per questo avranno tutto il nostro sostegno fin quando non andranno via. Poi la nostra emozione si riverserà su chi prenderà il loro posto. Auguri a Marquinos e Lamela e perfino a Osvaldo che non ha capito che qui sarebbe potuto diventare un idolo.
Ma adesso spazio ai nuovi con la speranza che possano contribuire a fare grande la Roma. Speranze di un tifoso che stavolta, a prescindere da progetti e idee innovative vuole vincere qualcosa sul campo, con la speranza poi di veder affermarsi una squadra diversa che riesca a trarre da questa città le risorse senza dover andare in giro per il mondo. Possiamo fra crescere i nostri giovani solo in un ambiente sereno che non chieda a loro l’impossibile, un ambiente che possa farli crescere per essere protagonisti domani. Questo campionato è fondamentale per questo, ci arriviamo dopo due anni di delusioni, adesso vogliamo e dobbiamo riprenderci il nostro ruolo nel calcio. Ieri ero a Napoli e mentre al bar guardavo sul giornale con un pizzico di invidia gli abbinamenti per la Champions, un amico occasionale ha provato a sfottermi: «la Roma in quale girone è capitata?». Non ci siamo da troppo tempo, adesso è urgente tornare in quei quartieri alti. Dobbiamo farlo utilizzando tutte le risorse possibili.
Poi si vedrà. E quella con il Verona è la partita fondamentale, non possiamo fallirla. Anche perché per una squadra che cambia molto (e la Roma lo ha fatto) partire bene è ancora più importante perché il tempo servirà a far inserire i nuovi arrivati e a collaudare schemi nuovi. Tenere il passo dei più forti all’inizio ci autorizza a sognare. Per questo domenica dovremo essere in tanti all’Olimpico. Dovremo essere noi stessi, capaci di incoraggiare tutta la squadra per tutti i novanta minuti, dovremo far sentire il nostro calore. E soprattutto dovremo scordarci del passato. Non ne posso più di chi ancora ricorda quel 26 maggio. Basta, quel giorno è passato come sono nei nostri ricordi la sconfitta nella finale della coppa dei campioni, la partita con il Lecce e anche quella impossibile sconfitta in casa con la Sampdoria. Acqua passata.
Con la Lazio i conti li potremo regolare tra qualche settimana e se, come spero, vinceremo, a poco servirà il ricordo di qualche mese fa. Non consolerà gli sconfitti, e non deprimerà la soddisfazione dei vincitori. Arriviamoci bene a quella resa dei conti con la serena convinzione che stavolta forse abbiamo una squadra con personalità, con valori propri, con uomini di carattere. Dopo due anni di sogni, di progetti, di scommesse e di esperimenti abbiamo qualcosa di concreto a cui attaccarci. Certamente il test con il Livorno non deve illuderci, altri avversari saranno più impegnativi, ma l’impressione che ha dato quella squadra è positiva. Crediamoci, forse stavolta ci divertiremo noi. Crediamoci. Una piccola considerazione fuori nota. Ho letto lo sfogo e poi la ritrattazione di Allegri. Devo dire che mi ha divertito. Poteva essere accolto a Roma come un salvatore. Ha tentennato e alla fine fortunatamente è rimasto a Milano. Forse prima o poi dovrà fare ritorno a casa. La sua.
Ma è lui che ha deciso di rimanere dove pur lo considerano di passaggio. Per noi bene così. Abbiamo trovato e forse scoperto un grande allenatore. In poco tempo ha dato un’impronta precisa alla squadra. E questo non è mai un fatto occasionale. Teniamocelo stretto. E perché non sognare? Certo la Juventus è la più forte, lo scudetto può solo perderlo. Il Napoli ha giocatori forti e grande entusiasmo. Ma dietro chi c’è? L’Inter è incompiuta, il Milan non è una squadra, la Fiorentina è una scommessa. La Lazio non può sempre sperare nei miracoli. Noi ce la possiamo giocare. Inutile fare previsioni, ma anche fare ipocrite dichiarazioni di umiltà: con un attaccante di qualità e un difensore in più possiamo dire la nostra. Inutile nasconderci: vogliamo andare in Champions, possiamo riuscirci, dobbiamo riuscirci.