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IL ROMANISTA Una sconfitta che non fa male

Benatia

(D. Galli) – Arrogante, come la sognava Sabatini. O se volete, «cazzuta». Concetto nemmeno troppo complicato da tradurre agli stranieri alla Roma, è la definizione coniata per questa squadra dai tifosi all’indomani del test col Chelsea. È stata una partita inesatta, nel senso che è stato sbagliato il risultato. Il 2-1 di Lukaku – gol di Lamela che s’approfitta del pasticcio di Schwarzer, pari di Lampard – è veramente ingiusto. È il prodotto di una mischia in area, di uno scontro tra un De Sanctis ordinariamente superbo e un Balzaretti spremuto come un limone, è l’effetto dell’acido lattico che annebbia prima i muscoli e poi i neuroni. Però, almeno per un tempo (ma forse anche qualcosa di più), la Roma non solo tiene testa al Chelsea dello Special Mourinho, ma detta legge, impone ritmi, spedisce i Blues a caccia di farfalle, li costringe a inseguire i propri portatori di palla. Il segreto è un gruppo tornato a Roma dopo aver scoperto l’America: questa squadra ha trovato dei leader attorno ai quali tutto gira. Due sono noti, sono romani e romanisti, sono capitani per indole e per storia, sono Totti e De Rossi. Gli altri non sono romani, non sono romanisti, sono elementi nuovi e di potenza fisica, tecnica, ma soprattutto caratteriale. La nuova Roma esce rafforzata da questa sconfitta, perché ha acquisito attributi. Attributi lessicali e attributi reali. De Sanctis che urla in diretta mondiale un sano «porca tr…» alla difesa offre più garanzie di cento parate in serie di Stekelenburg, che alla difesa parlava raramente per un motivo, se volete, persino banale: con l’italiano se la cavicchiava appena. Morgan ha polso, ordina e la Roma lo rispetta. L’ascolta.

Lontanissimo da De Sancitis per palmares, ma identico per grinta, c’è Maicon. Questo aneddoto proviene dritto dritto dall’America. Si sta giocando Roma-Chelsea, i ritmi sono frenetici, dalla tribuna si sente gridare il terzino brasiliano. Sembra che ce l’abbia con Garcia. Sembra, perché non è così. «Nessuno tiene le posizioni, nessuno tiene le posizioni!», s’arrabbia Douglas Sisenando dalla profonda destra dove a tratti pare irresistibile. Maicon parla alla pari col suo tecnico, mette a frutto del suo allenatore un’esperienza internazionale, richiama i compagni. Non a caso il duro Mourinho se lo abbraccia per parecchi secondi prima della partita. Assieme hanno vinto tanto. Hanno vinto tutto. Ed è con loro, con chi ha vinto tanto, con chi ha vinto tutto, che la Roma può vincere ancora. Oppure anche con chi non ha vinto tanto, ma è venuto per vincere tutto. Come Strootman. «Uno così forte erano parecchi anni che la Roma non ce l’aveva». Qualcuno a Trigoria è rimasto sbalordito. Kevin si sta rivelando un gigante tecnicamente, tatticamente. E caratterialmente. Ecco, questo è il punto. In società lo dipingono come un leader silenzioso. In attesa di imparare la lingua, cosa che sta facendo perché ci sono olandesi e olandesi, Kevin parla con i fatti. Il bello, per nostra fortuna, è che non è il solo. Questa è una Roma di Rudi.

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