(E.Menghi) Sguardo timido, quasi imbarazzato, niente a che vedere con la sfrontatezza di chi lo ha preceduto nella sala stampa dell’Olimpico, i due nuovi leader De Sanctis e Maicon. Gervinho non spicca certo per personalità, ma sulla fascia, dove Garcia ha avuto la buona idea di farlo giocare ai tempi del Lille, sarà l’altro acquisto di Sabatini a metterci il carattere. «Non conoscevo Ljajic prima – ammette l’ivoriano – ma sia io che lui faremo cose importanti per la Roma». La concorrenza non gli fa paura e sa bene che per entrare nell’undici titolare non gli basterà la «raccomandazione» di Garcia: «Non mi è stata data nessuna garanzia, devo lavorare duro perché conoscere Rudi da prima non è un vantaggio. È un tecnico molto esigente e se giocherò sarà perché l’avrò meritato. Non sono ancora al 100%. A Livorno potrei anche essere partito dalla panchina per scelta tecnica, ma non sono preoccupato, anzi, sono contento di aver iniziato con una vittoria».
Gervinho è il «figliol prodigo» che torna a casa, con la voglia di rinascere dopo le due deludenti stagioni all’Arsenal: «Avrei potuto fare meglio. La Roma è un passo in avanti per la mia carriera». All’occorrenza può fare il centravanti, ma le sue doti migliori sono la velocità e la ricerca della profondità.
Ieri Garcia ha provato un tridente inedito in cui lui non era compreso: con Totti e Borriello c’era infatti Ljajic, subito in gol in partitella. Strootman migliora: nella seduta mattutina ha svolto la parte tattica con la squadra ed è quasi pronto per il Verona.