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LA REPUBBLICA Rocco, Boskov e ora Garcia, tornano i saggi da spogliatoio

Rudi Garcia

(C. Cito) – Così parlò Rudi Garcia: «Nella mia Roma voglio cinque uomini con cui lavorare, con cui confrontarmi e gestire le difficoltà all’interno dello spogliatoio. Cinque saggi». Li sceglierà o forse li ha già scelti. Nel Lille, ai tempi, fece così, ne scelse cinque, quella squadra vinse e quello spogliatoio, centrato su questo compromesso, fu un bel posto in cui vivere, esserci, giocare. Saranno Totti, De Rossi, forse De Sanctis, forse Pjanic, forse Burdisso: un monumento, il suo delfino, uno nuovo e parecchio esperto, uno seminuovo ma di personalità, uno vecchio e nemmeno titolare. Questa la composizione della commissione dei saggi giallorossa, organo consultivo, cellula, camera di compensazione. Un penta-virato che toglierà qualche responsabilità al tecnico e se ne assumerà parecchie, in nome di una collegialità, di un dialogo più vivo e intenso tra squadra e allenatore.

Sembra tutto nuovo, invece è un déjà-vu: un tempo però certe cose venivano sepolte sotto gli asciugamani. Nereo Rocco aveva Rivera, Sormani, Cesare Maldini, erano i suoi saggi inseriti nello spogliatoio rossonero, lo aiutavano a gestire i rapporti, a prendere decisioni, a dividere responsabilità e premi partita. Ne venne fuori un bel Milan. «Io però quella cosa lì non l’ho mai capita – racconta Aldo Agroppi, coevo di quei fatti e di quel calcio magnifico -, e non la capisco ancora oggi. E se, mettiamo, Strootman fa una cavolata, che fa Totti, va dall’allenatore e fa la spia, o prende per i capelli l’olandese? Sbaglierebbe in entrambi i casi».

Per Mondonico «nominare i saggi non serve a nulla, lo spogliatoio si autoregola in maniera naturale, e guai a quell’allenatore che non ha autorevolezza sin dal primo istante». Qualcuno, come il Corinthians democratico degli anni Ottanta, radicalizzò l’idea opposta, mettendo ai voti tutto, dal menu del pranzo alla formazione, e per un po’ durò. Nell’allegra Samp dei primi Novanta Boskov, parola di Pietro Vierchowod, «era una persona intelligente », tanto da mettersi, diciamo così, da parte in certi momenti e lasciare ai numerosi saggi a disposizione l’incombenza di autoscegliersi e auto-mandarsi in campo. Compromessi, come scrisse Seneca, necessaria base di ogni umana fortuna.

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