Queste le parole del Prof. Mario Brozzi, ex medico sociale della Roma, riguardo all’infortunio di Mattia Destro
Prof Brozzi, Mattia Destro è stato vittima di una lesione al menisco a fine gennaio. Dalla gara con l’Inter, che ne decretò lo stop, sono passati poco più di sette mesi. In mezzo, il rientro alla fine di maggio e una nuova ricaduta. I tempi del suo recupero si stanno rivelando troppo lunghi?
“Ogni qualvolta un paziente non guarisce o stenta nella stessa patologia, ci sono alla radice diverse cause possibili. Tra queste, una può essere rappresentata da protocolli terapeutici non adeguati o effettuati in maniera inadeguata. Ciò che un tempo veniva classificato con il termine di fisioterapia infatti, oggi nella nomenclatura attuale viene definito ”rieducazione motoria”, a voler significare quanto l’educazione al gesto e la sua riprogrammazione siano fondamentali nel recupero attivo di un atleta”.
Tempi troppo lunghi?
“Nell’agosto del 2000, precisamente il giorno 18 se la memoria non mi inganna, Emerson Da Rosa Ferreira riportò, in corso dell’allenamento pomeridiano, una lesione completa del legamento crociato anteriore al ginocchio. Preciso che l’importante atleta era stato già operato dello stesso identico problema anni prima in Brasile al ginocchio controlaterale. A gennaio del 2001, solamente 5 mesi dopo, giocò la sua prima da titolare contro il Bologna (il rientro effettivo invece avvenne due settimane prima contro il Napoli, ndr). Un mese dopo Eusebio Di Francesco riportò la stessa tempistica. Questi erano i recuperi che effettuavamo 13 anni orsono”.
Durante i mesi estivi, si è parlato del fatto che il giocatore abbia seguito un programma di recupero molto personale e che abbia ricevuto delle cure fuori da Trigoria. Ricorda episodi simili ai tempi nei quali era iei il responsabile sanitario della Roma?
“Gli anni in cui sono stato con orgoglio a capo dello staff medico della Roma sono stati anni particolari. Iniziai con Franco Sensi presidente e Fabio Capello allenatore. Creammo il famoso “quadrilatero terapeutico”, configurato dalle 4 figure che interagiscono con l’atleta nel percorso di recupero nella rieducazione motoria: medico, fisioterapista, preparatore atletico e allenatore: non c’è il chirurgo in quanto non sempre i recuperi erano di interesse chirurgico e anche perché per quanto importante sia l’adeguatezza del chirurgo riguardo la giustezza di un intervento, la rieducazione motoria era ben più lunga e complessa. Tali 4 figure, strettamente legate l’una all’altra, configurarono a quel tempo un quadrilatero perfetto, dentro il quale si muoveva l’atleta assistito con grande partecipazione non solamente fisica ma anche psicologica. Ciò significò per gli atleti-pazienti quello stato derivante dal rapporto di fiducia che convince l’atleta di essere nelle mani amorevoli di persone capaci. I recuperi avvennero in tempi e modi che fecero sì che lo Staff della Roma divenisse in quegli anni il polo di riferimento europeo nella riabilitazione di ginocchio. Questo almeno è quanto comunicò Fabio Capello a me, a Silio Musa, a Massimo Neri e a Vito Scala, al ritorno da una riunione Uefa. La fiducia nel rapporto col paziente è fondamentale per un sereno e come tale tempestivo recupero. Dopo l’avvicendamento di Fabio Capello prima e Franco Sensi poi, incontrai molteplici difficoltà a ricreare quel quadrilatero, con la conseguenza che l’angolo lasciato aperto, dovuto a chi non prendeva per mano l’altro, fece sì che ci fosse qualche logica emorragia di pazienti”.
Destro si è fatto visitare dal professor Cugat a Barcellona che gli ordinato due mesi di riposo assoluto e prescritto lunghe sedute di fisioterapia. In questi giorni però si rincorrono dichiarazioni e battute al vetriolo. Lei, fosse ancora alla Roma, organizzerebbe una conferenza stampa per spiegare la situazione?
“Fabio Capello mi iniziò, attraverso l’allora neonato Roma Channel, a effettuare la mia personale intervista il giorno prima di ogni gara, nella quale dettagliavo stampa e tifosi sullo stato dell’arte e di benessere dei nostri amati calciatori. Del resto, insieme a Don Fabio e Massimo Neri, stavamo lavorando nell’allestimento del “Romalab” sulla falsariga di quanto già aveva messo a punto il Milan negli anni precedenti, al fine di seguire in modo attento e dettagliato e giornalmente l’atleta, anche attraverso la creazione di un complesso sistema informatico in grado di incrociare dati. Il fine ultimo era creare un sistema che ci potesse aiutare nel prevenire oltre che nel curare. Ma Fabio ci lasciò e … beh il resto è storia!”
Fonte: insideroma.com