(L. Valdiserri) Ci sono un bosniaco (Miralem Pjanic), un croato (Tin Jedvaj) e un serbo (Adem Ljajic), ma non è una barzelletta. Al montenegrino Bogdan Tanjevic, grandissimo allenatore di basket e persona ancora più splendida, questa Roma piacerebbe da impazzire. Gli ricorderebbe la Jugoslavia di Tito, alambicco che portò alla sanguinosa guerra etnica ma anche straordinario esperimento sportivo dove il talento non era secondo a nessuno, soprattutto nel basket e nel calcio. Miralem Pjanic, il centrocampista poliglotta, ha fatto da padrone di casa ai due compagni. Per Jedvaj è qualcosa di più di un fratello maggiore: ha preso il minorenne sotto la sua ala protettiva, gli fa da interprete, lo porta fuori a cena. Tin è di passaporto croato ma suo padre Zdenko, ex calciatore e anche lui difensore, è bosniaco.
Per Ljajic, invece, Pjanic è l’amico con cui confidarsi. A Firenze, Adem aveva una «spalla» in Jovetic e due compagni fidati in Tomovic e Savic. Come Pjanic, anche Ljajic è musulmano: la decisione di non cantare l’inno serbo gli è costata la nazionale ma, al contrario di quanto pensano in tanti, Adem è tutt’altro che un ragazzino viziato. A chi non ha pregiudizi nei suoi confronti racconta volentieri quando a Novi Pazar si allenava nel gelo sapendo che poi lo avrebbe atteso solo una doccia. Ma non calda. A Belgrado, con il Partizan, Ljajic ha vissuto il caldissimo derby contro la Stella Rossa. È vaccinato. Contro la Lazio, poi, ha un conto aperto: dei 16 gol segnati in serie A (15 con la maglia della Fiorentina e uno, contro il Verona, con quella della Roma) ben 3 li ha segnati alla Lazio. Per l’esattezza: il 18 settembre 2010, su rigore, in Fiorentina-Lazio 1-2 (il suo primo gol italiano in assoluto); il 28 ottobre 2012 in Fiorentina-Lazio 2-0; il 10 marzo 2013 in Lazio-Fiorentina 0-2. Si gioca il posto da titolare con Gervinho, ma, se Garcia è uno che di fida dei numeri, di sicuro ha una grande possibilità.
Miralem Pjanic aspetta il derby con particolare voglia. L’ultimo, quello della finale di Coppa Italia, l’ha vissuto tutto in panchina per una decisione cervellotica di Andreazzoli. Gli era successo anche nel derby di andata del campionato scorso, quando Zeman lo fece entrare solo negli ultimi 20 minuti, con la Roma sotto per 3-1: Mire segnò un gol quasi da metà campo, con la complicità di Marchetti, ed esultò sotto la Sud come se volesse dire: questo l’ho fatto solo per voi. Con Garcia, però, è tutto cambiato: adesso è al centro del gioco della Roma e contro il Parma le statistiche hanno confermato quello che si era visto anche a occhio nudo: è stato il migliore in campo insieme a Strootman. Per Tin Jedvaj la presenza in campo nel derby è solo rinviata: a 17 anni si può aspettare. Ma non molto, perché sono in tanti a dire che Rudi Garcia lo sta allenando con particolare attenzione. Facendogli spesso cambiare posizione — centrale, certo, ma anche terzino e centrocampista davanti alla difesa—proprio perché vuole farne un giocatore affidabile a 360 gradi. Un futuro campione.