(L. Valdiserri) – Quindici mesi fa non lo voleva nessuno, nemmeno lo Zurigo, a cui fu proposto dalla Fiorentina in prestito gratuito. Veniva dall’aggressione di Delio Rossi durante Fiorentina- Novara e da un’opinione pubblica che si era schierata compatta con l’allenatore-pugile perché pochi ambienti assomigliano a una caserma come il mondo del calcio. Sinisa Mihajlovic, che domenica era allo stadio Olimpico, lo aveva escluso dalla nazionale serba perché lui, musulmano, si era rifiutato di cantare l’inno serbo come previsto dal regolamento nazionalista imposto ai giocatori. In Adem Ljajic credeva al 100% soltanto Adem Ljajic. E la sua famiglia, che gli è sempre stata vicina. È anche per loro, che domenica erano all’Olimpico per il suo primo derby romano, che Adem ha chiesto a Daniele De Rossi il permesso di tirare il rigore che si era procurato. Un penalty per chiudere la partita, sotto la curva Sud. Ad altri sarebbero tremate le gambe, non a lui che da minorenne ha giocato (e vinto) Partizan- Stella Rossa.
Ljajic è tornato il talento che aveva attirato le attenzioni di sir Alex Ferguson sotto la guida di Vincenzo Montella, l’allenatore che gli ha dato una seconda possibilità e un consiglio prezioso. Adem cercava sempre l’incrocio dei pali, l’Aeroplanino gli ha suggerito di mirare il portiere. C’è sempre uno scarto fisiologico tra quello che vedi e quello che fai. Lo insegnano anche ai tiratori con l’arco. Papà Samir domenica sera era felice: la scelta di Adem è stata quella giusta. Con Francesco Totti l’intesa è naturale, proprio come quella che aveva con il «fratello» Stevan Jovetic. Credete che sia facile tirare una punizione con Totti in campo? E che sia facile tirare un rigore con Strootman, De Rossi e Borriello sul terreno? Ljajic ha fatto tutte e due le cose. A Roma è già di casa.