(M. Evangelisti) – Cinque gol realizzati, e va bene. Zero subiti e va anche meglio. A Trigoria guardano spauriti il calendario e si rendono conto a poco a poco della sottile linea rossa che unisce due campionati divisi da sei anni, questo che stiamo vivendo, quello 2007-08 con Luciano Spalletti in panchina chiuso con il secondo posto in classifica. Medesima struttura iniziale, partenza in trasferta, tre partite in cui si potevano mettere in preventivo altrettante vittorie – qui manca il viaggio a Parma, in programma tra due lunedì (…).
EFFETTI – (…) Pensiamo ai punti di contatto tra questa stagione e quella, analogie in mezzo alle quali si possono rintracciare le cause. Identici risultati nelle prime due partite. Un rendimento mai ripetuto fino a ieri: cinque urrà, zero tristezze cioè zero gol incassati. C’era un portiere stabile, all’epoca: Doniéber Alexander Marangon, chiamatelo pure Doni. L’ultima volta in cui la difesa della Roma poteva anche dormire sonni tranquilli, tanto qualcuno rimediava. L’anno successivo a Doni cominciò a scricchiolare il ginocchio e nessuno dormiva più. Dopo di lui, tra i pali della Roma ha preso a ruotare un gorgo di nomi più vorticoso della girandola d’attacco di Garcia: Julio Sergio, Lobont, Goicoechea, Stekelenburg. L’onda del cambiamento si è placata solo adesso, con l’arrivo di Morgan De Sanctis. Sul quale sono state raccontate diverse storie piccanti. Che non ha la personalità per reggere Napoli, quindi neppure Roma. Che non si fa ascoltare dalla difesa. Che è vecchio.
DIMENTICARE – Un ragazzo non è. Ha 36 anni. Ma si sa, le giovinezze dei portieri sono più di due. Per quanto riguarda la personalità, basti dire che lo hanno preso apposta. Non è un infallibile e del resto gli infallibili sono pochi e rari. (…)
La difesa lo ascolta. E’ costretta a farlo. L’unico modo di sfuggire al suo ininterrotto predicare è andarsene. Lo sentono anche in attacco. Quantomeno in allenamento, e i mal di testa ricorrenti del tecnico specializzato Guido Nanni sono un effetto collaterale. Durante le partite con il fracasso dello stadio è dura che la sua voce arrivi a cento metri di distanza. Ma chi sta lì nei paraggi dell’area lo sente. Detta istruzioni, chiama la palla, suggerisce movimenti, lancia invettive. Il silenzio di tomba che fluiva da Stekelenburg al confronto era inquietante.