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CORRIERE DELLO SPORT Garcia: “De Rossi, grazie di essere con noi”

Rudi Garcia

(M. Evangelisti) – Arriva Garcia. Bisogna rinnovare l’arredamento, mutare il prato libero dell’Olimpico in un campo attrezzato per la preparazione, spostare le panchine. Lui vuole stare lì dove batte il cuore della partita. «Mi piacerebbe tenere l’allenamento di rifinitura sempre qui prima degli incontri casalinghi, ma non è possibile. Serve un campo ben messo e all’Olimpico si gioca due o tre volte ogni otto giorni. Questa volta si poteva, l’ho fatto».

RIFORME – Della squadra si dirà in corso d’opera, con qualche dato di più in mano, anche se all’allenatore piacciono certe cifre, «il possesso palla, il numero di cross riusciti, i tiri in porta, tutti numeri che misurano lo stato di salute del gioco offensivo». Ma di Rudi Garcia si può dire subito: quello che ci voleva. (…) «Io ero a Lilla e non ho idea di come fosse lo spogliatoio della Roma nella passata stagione. Ho visto la gioia collettiva ai gol di Livorno e mi piace. Mi piace tanto che voglio lo stesso spirito con il Verona, nella terza partita, nella quarta e via via fino alla 38ª. Lo so, i tifosi pensano che i tre punti di domani (oggi, ndr) siano già in tasca. Naturalmente non è così».

Non è così perché il Verona ha battuto il Milan, perché difende bene e riparte, perché ha Luca Toni e tutto questo genere di cose. In realtà si capisce che per Garcia è chiaro come va il mondo e come va la Roma. (…) Ha i suoi crucci. «Non ci sarà la Curva Sud. Ljajic non ha novanta minuti nelle gambe, Gervinho nemmeno. La rosa è cambiata ancora e non dico che sia più debole, anzi ne sono soddisfatto, però lo ammetto: martedì saremo tutti molto più tranquilli». Martedì è il giorno successivo alla chiusura del mercato, questo mercato romanista fatto di incedibili ceduti e di ultimatum senza effetto. «Ma De Rossi, che è un grande uomo, mi aveva promesso che se fosse passata una certa data sarebbe rimasto con noi. Quindi quest’anno è ancora qui e ne sono felice». C’è lui, francese di radici spagnole, ci sono i romani e c’è il resto della Roma. Garcia non si sogna neppure di tirare confini all’interno della rosa. La sua concezione del calcio prevede il pensiero unico. Come in guerra, e questa è una guerra. (…)

VANTAGGI E NO – (…) «Ljajic sostiene che solo la Juventus è più forte. Magari è così, ma si dimostra sul campo, non lo si racconta in giro. Per esempio, se non battiamo il Verona i tre punti di Livorno perdono valore. La Roma deve qualificarsi per le coppe europee. Quest’anno non le abbiamo e se da una parte è un vantaggio allenarsi seguendo un programma settimanale completo dall’altra le pause tra una partita e l’altra sono troppo lunghe».

Non c’è davvero nulla che gli suggerisca di lasciarsi andare. Né all’ottimismo né al pessimismo. Il suo metodo di lavoro è rigido: creare una squadra a sua immagine e somiglianza. Modellare la Roma, materiale adamantino che nessuno è mai riuscito a dominare. Garcia è differente, d’accordo. Purché non gli strappino lo scalpello mentre lavora. «Per costruire ci vuole tempo. Se poi il gruppo cambia tra la prima e la seconda partita è peggio». Lo definiscono pure aziendalista.

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