(M. Evangelisti) – Non ridono più a Londra, nella città più multietnica, più grande, più calcistica e perfino più allegra del mondo, e invece cercano argomenti per consolarsi, ma sì, anche da noiGervais Yao Kouassi, è così che si chiama, no? aveva cominciato bene e poi si è accartocciato dentro quei capelli a salice, non prendeva la porta neppure a mettergliela davanti e alla fine lo hanno dato via per pura disperazione e per incassare otto milioni di euro più bonus che aiutano a farsela passare.
E’ tutto molto logico ma a Roma spesso le cose funzionano al contrario, il che non necessariamente significa a rovescio. Gervais Yao Kouassi – ma sarà meglio chiamarlo Gervinho come tutti, come hanno cominciato a fare i suoi compagni di strada in Costa d’Avorio perché pretendeva di dribblare da un capo all’altro dello sterrato tenendo alta la palla come fanno i brasiliani sulla spiaggia – era partito subito a sbranare i gol, lanciato da Francesco Totti con quei suggerimenti che sembrano ordini. Ha dovuto sbagliarne almeno tre, facciamo anche quattro, per arrivare a infilare i portieri avversari. Ma quando ha cominciato non ha più smesso come capita agli istintivi suoi pari, quelli che ascoltano soltanto le voci che hanno nella testa.
Gervais Yao Kouassi detto Gervinho aveva un primo dribbling fulminante, uno scatto sulla media distanza insostenibile per la fragorosa maggioranza dei difensori, una capacità sorprendente di passare la palla dal fondo verso il compagno in inserimento. Adesso ha anche la visione illuminante della porta e la capacità di spostare la corsa mantenendo la medesima velocità, di serpeggiare tra due o più avversari, di calciare forte verso la porta, tutto ammirato in occasione del secondo gol.