(M.Evangelisti) – Lei è di Palermo, ma il siciliano è lui. Senza offesa e senza ironia: è la donna a dirlo, una che non vuole sentirsi definire italiana a Parigi e preferisce considerarsi siciliana nel mondo. Va dove le pare, danza dove le pare e si prende gli uomini che le pare. Sono tutte citazioni dai dialoghi con Eleonora Abbagnato, stella dell’Opéra. Anche quella sul siciliano. Federico Balzaretti, calciatore della Roma adesso che la maturità lo ha agganciato e sottomesso, prima stava a Palermo e prima ancora aveva avuto due figlie da un altro rapporto sentimentale.
La compagna era Jessica, le figlie sono Lucrezia, di sette anni, e Ginevra Vittoria, di cinque.
Quelle ragazze sono uno dei pilastri della sua vita. L’altro è Eleonora, impalmata nel 2011 a Palazzo dei Normanni sotto una pioggia di scintille, luce pura riflessa dai cristalli Swarovski del vestito da sposa. Il terzo è il suo mestiere.(…)
Eleonora sa di che cosa parla. Conosce il ballo ed è evidente. Lo conosce tanto a fondo da considerarlo sublime finché non s’accompagna alla pedanteria e al dovere. Tra le sue frasi celebri c’è una mezza bestemmia contro la cultura volgarizzata: «Sai che noia se dovessi danzare tutta la vita il Lago dei cigni» . Ballare e guardar ballare in televisione era un gioco molto più divertente che fare la sarta di Barbie. Però conosce anche il calcio, per interposta famiglia: il padre, che è stato dirigente del Palermo, e il fratello passavano giorni e giorni a guardare partite; il fratello della madre Pietro Lo Monaco ha allagato la Lega di Serie A con idee e iniziative di vario successo e ora possiede il Messina; uno dei nonni era semiprofessionista.
Balzaretti è biondo, gentile di aspetto e di carattere, siciliano quasi per il rispetto della famiglia, determinato a crescersi le figlie come desidera e a non allontanarsene nemmeno un po’. (…)
La Abbagnato sta provando La signora delle camelie , ma non è più a casa a sopportare padre e fratello e il chiasso del calcio. Può vedere le partite, i filmati o quello che vuole senza ansia e senza nausea. Domenica ha visto il marito piangere e si è commossa con lui: «Lacrime di felicità le sue, dopo un anno di sofferenza, la sensazione che a Roma non fossero contenti. Adesso ritroverà fiducia. Ma io non c’entro, è stato lui a segnare un gol così bello. Io posso al massimo promettere che festeggerò l’eventuale scudetto nella maniera elegante che questa Roma chic merita. Niente spogliarelli, magari un balletto. Sabato torno e domenica vado a fare il tifo» .
Non le peserà. Tornare, intendiamo. Lo fa sempre, ogni fine settimana, perché l’Italia è la sua terra e la gente è simpatica, perché con Balzaretti ha avuto tutto quello che desiderava, e lo racconta: un uomo responsabile, un esperto di preparazione simpatico con cui allenarsi d’estate, la conferma che il calciatore attraente e superficiale è un luogo comune privo di basi, una figlia tutta sua, Julia, di un anno e mezzo, e sia chiaro che anche le prime due vanno considerate parte della famiglia a ogni effetto. (…) Se non fosse tornata, se avesse lasciato che il languore parigino le scendesse in fondo all’anima rendendola prigioniera di una città gelosa, non avrebbe incontrato Balzaretti (…)
Ma si sono incontrati e Balzaretti ha unito calcio e affetti in una serenità di mirabile equilibrio che, come lui stesso racconta, è anche dovuta all’allenatore Garcia: «Ha lavorato tanto e bene sotto l’aspetto psicologico. Trasmette messaggi positivi, ci ha restituito autostima. Ho capito subito quello che stava succedendo quando sono tornato su quel pallone, quando mi sono coordinato, quando ho colpito. Non è stato un momento come tanti altri, quando comprendi soltanto dopo. Ora però se vogliamo ragionare da grande squadra dobbiamo pensare subito alla Sampdoria. Totti è straordinario, unico, De Rossi ama la maglia al mille per cento e con lui il rapporto va oltre il calcio. Sono le sue lacrime, non le mie, l’immagine che mi resterà di questo derby» . Così non manca più niente, se non forse una Nazionale da ritrovare, a questa coppia di artisti, ciascuno sul suo palcoscenico, ciascuno sul suo legno. Troppo felici per desiderare che il tempo si fermi. Abbastanza incoscienti da desiderare la prossima nota, il prossimo fischio d’inizio.