(M. Evamgelisti) – Se lo sono visti arrivare, piccolo e scuro e quasi timido, e guardavano oltre perché non era neppure saltato in mente ai romanisti che potesse essere luiAdem Ljajic, il ragazzo cattivo, il primo uomo, come il nome Adamo pretende, a litigare con Delio Rossi, anche in maniera sfasciata; a farsi espellere dalla Nazionale per mano di Sinisa Mihajlovic e a sbatacchiare la pazienza di Vincenzo Montella fino a sdrucirla. Ovviamente era lui, scambiato con Lamela a un prezzo assai distante dalla parità, l’argentino al Tottenham per 35 milioni, il serbo dalla Fiorentina alla Roma per 12(…).
A fare la soddisfazione della Roma che vive a Trigoria e quella dei tifosi è la vicinanza tra la qualità dei piedi dei due giocatori e la distanza tra i rispettivi caratteri. Lamela educato e silente, Ljajic educato ed entusiasta senza essere rumoroso. Non sappiamo se abbia avuto effetto benefico – probabilmente no – lo schiaffo assestatogli da Delio Rossi il 2 maggio, episodio che lo ha reso l’unico giocatore capace di far esonerare un tecnico semplicemente insultandolo.
PROVOCAZIONI – Per dirla in maniera banale, Ljajic vuole vivere come gli pare e poco lo turbano i pericoli che corre. «A me piacciono le squadre che giocano bene e per questo ho scelto la Roma» , dice. In effetti aveva scelto anche il Manchester United, a suo tempo, e quando il club inglese non era riuscito a tesserarlo nel 2010 per questioni burocratiche è piombato, lo racconta lui, in crisi depressiva. Piuttosto light visto che di lì a pochi giorni trovava un’altra squadra dal gioco speciale, «e che belle partite sono venute fuori quando la mia Roma ha incontrato la mia Fiorentina!». A Firenze,Ljajic ha affinato la sua arte di provocare alzate di nervi a chi tentava di normalizzarlo. A Roma, e forse è il modo giusto, lo hanno accolto per quello che è, un ragazzo di confine, un serbo di genitori bosniaci che non vuole cantare l’inno perché si sente più musulmano che patriota, un destro di piede che preferisce giocare a sinistra, uno spostato del pallone che sposta il pallone come pochi altri. A Garcia è piaciuto per questo, perché gli raddoppia la flessibilità e la profondità che aveva cominciato a ottenere da Gervinho. E con altra limpidezza di calcio. Pedinato dalla famiglia, aiutato a inserirsi dall’enclave slava che sembra voler ricomporre nella Roma antiche federazioni, lui serbo, Pjanic bosniaco, Jedvaj croato. Parlano tra loro fitto in dialetti poco diversi della stessa lingua. (…)