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GAZZETTA DELLO SPORT C’è una barriera tra tifosi e calcio. Cambiamo così

Curva Sud Roma

(M. Uva) – L’effetto: 36,7 milioni di spettatori fuggiti dagli stadi della Serie A negli ultimi 15 anni, unico fra i campionati più importanti d’Europa ad avere un trend negativo (21%). Per raccontare le cause e profilare i colpevoli non basterebbe una pagina intera della Gazzetta dello Sport. Colpa del costo del biglietto troppo alto? Assolutamente no. Il costo medio e la sua incidenza sul corrispondente stipendio medio giornaliero ci dicono che Italia, Germania e Francia hanno situazioni assai simili. Molto più costosi i biglietti spagnoli e inglesi. Colpa della televisione? Assolutamente no. Ricavi da stadio e da diritti tv crescono a braccetto nelle altre quattro top league in Europa. Quindi colpa di chi? Per spersonalizzare parlo di mismanagement, di incapacità di programmare e di scarsa visione. Soprattutto, ci hanno messo le mani persone che ignorano la materia. Studiare e anticipare i cambiamenti di fruizione sociale e di sfruttamento economico del prodotto (evento e brand) era la ricetta base per evitare questa mezza catastrofe. Ora dobbiamo rincorrere le idee altrui, perdendo nel sistema europeo quella straordinaria leadership che avevamo nel calcio degli anni ’90. Le ricette? Lavorare per avere stadi sostenibili, moderni e funzionali (ovvietà), oltre a rafforzare il rapporto con il tifoso tramite una strategia di Customer relationship management (Crm), altra ovvietà. Così han fatto gli altri. Non ieri, mada diciotto anni a questa parte. E noi? Non abbiamo costruito nessuno stadio (ad eccezione del bellissimo Juventus Stadium), ma soprattutto abbiamo innalzato la barriera per accedere allo spettacolo. L’esatto contrario di quanto fatto dagli altri. In Inghilterra oltre 3 miliardi di sterline sono state investite in impianti e l’acquisto dei biglietti in vendita è stato molto semplificato. Puoi farlo on line, con soli tre click, in meno di 20 secondi potendo scegliere il posto, ricevendo il codice sul telefonino, pagando facilmente e magari approfittando anche delle promozioni last minute. E la Premier League controlla tutto e tutti tramite il protocollo governativo Visit Football. In Germania fanno ancora meglio. Noi? Per escludere un numero limitato di balordi, ben meno numerosi e pericolosi degli hooligans inglesi degli Anni 90, abbiamo eretto una barriera mostruosa fra i normali tifosi (99%) e lo spettacolo. Biglietti nominativi, tessera del tifoso (o meglio tessera degli istituti bancari), poliziotti antisommossa e file ai botteghini. Attenzione alle esigenze del tifoso? Assolutamente no.Norme approssimative e superate. Nove milioni sono i biglietti invenduti per oltre 170 milioni di euro di potenziali ricavi mancati. Ma soprattutto l’incapacità di evolvere, di cambiare, di migliorare. È un diritto avere nuovi e moderni stadi (lunga vita al Governo che finalmente se ne sta occupando seriamente). Ma deve essere soprattutto un diritto poter comprare il biglietto con moglie e figli anche dieci minuti prima della partita direttamente allo stadio oppure al telefono oppure on line. Come si fa per il biglietto dell’aereo, del treno, del teatro. Utopia? Assolutamente no. La nominatività del biglietto non è il punto critico. E’ giusto ci sia il controllo su coloro che non possono accedere alle manifestazioni sportive. È la tessera del tifoso una delle chiavi del cambiamento. Deve essere gratuita, facilmente sottoscrivibile e ricca di vantaggi, anche commerciali, per i tifosi. Club e banche non saranno d’accordo nel rinunciare ai propri miseri proventi. Fidelizzare, comunicare, dialogare ed entrare in contatto con tutti i veri tifosi. Questa, insieme alla semplificazione sull’acquisto e soprattutto ai nuovi stadi è la strada indispensabile se vogliamo, e lo vogliamo, rivedere famiglie intere sorridenti vivere dal vivo la propria passione.

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