(M. Cecchini) – Lo ammettiamo, è incongruo parlare di amore puro e semplice quando si sottoscrivono contratti plurimilionari come quelli che affollano il mondo del calcio, però il retroscena del nuovo rapporto che lega Francesco Totti alla Roma – il sesto da professionista – racconta una storia un po’ diversa dal consueto.
La clausola Com’è noto, il capitano giallorosso ha firmato un rinnovo fino al 2016 da calciatore, più ha avuto la conferma di un contratto dirigenziale di cinque anni che scatterà a fine carriera. Ma non basta. In questo secondo documento c’è una clausola che gli consente di prolungare il suo rapporto con il club per un anno in più, sei, in pratica fino al 2022. Questo però non è stato a costo zero, perché nella complessa trattativa che è stata portata avanti, Totti ha accettato di spalmare parte dell’ingaggio della stagione in corso (circa 4,5 milioni) nelle due che verranno, avendone in cambio la possibilità di allungare la sua futura carriera dirigenziale – a 600 mila euro a stagione -, che ruoterà soprattutto attorno al settore giovanile e alle funzioni di rappresentanza che gli verranno richieste.
Troppo buono Istruzioni per l’uso. Totti sa bene come, a carriera finita, gli onori che gli vengono tributati in questo momento potranno dileguarsi in fretta. Le bandiere, a volte, possono risultare ingombranti per chi comanda davvero, e i casi rappresentati da Rivera, Antognoni, Maldini e Del Piero – in anni più o meno recenti – ne sono state le cartine di tornasole. Per questo la scelta di rinunciare subito a certe cifre sperando di recuperarne una parte a fine carriera, potrebbe essere più rischiosa di quello che ci si possa immaginare. Non è un caso che Totti, parlando nei giorni scorsi di questa scelta, diceva ridendo: «Sono troppo buono…». Un’esagerazione, ovvio, perché la bontà è un’altra cosa. Ma innamorato della Roma, probabilmente sì.