(M.Fontana) I giocatori del Verona scendono dal treno alla spicciolata, al binario 6 della stazione di Porta Nuova. Negli occhi c’è ancora la tensione per la paura provata a Roma poche ore prima. Sono le 11 di mattina e il gruppo dell’Hellas è rientrato in ritardo, in seguito all’aggressione subita la sera prima. Andrea Mandorlini, tecnico gialloblù, ricostruisce i fatti: «Poteva andare peggio. Stavamo procedendo al seguito dell’auto di scorta, quindi andavamo pure ad una velocità sostenuta. A un certo punto un sasso è volato verso il nostro pullman, centrando il vetro vicino alla mia postazione e mandandolo in frantumi. Ma se a essere colpito fosse stato l’autista, che era appena unmetro più in là, avrebbe potuto accadere di tutto».
Mandorlini aggiunge: «Di queste cose non vorrei nemmeno parlare: non hanno nulla a che vedere con lo sport». Lo sdegno Già dopo l’episodio il Verona aveva preso una posizione decisa, attraverso le parole del presidente Maurizio Setti: «Il calcio delle pietre e delle spranghe non ci appartiene. Servono pene esemplari per chi compie questi atti delinquenziali. Massima solidarietà al nostro allenatore, allo staff tecnico e a tutti i calciatori, che erano spaventatissimi». Il precedente è freschissimo, peraltro: nel turno di Coppa Italia disputato a Palermo, il 17 agosto, un pullman di tifosi del Verona era stato preso d’assalto da sedicenti sostenitori rosanero, vicino allo stadio Barbera. Lunghi minuti di furiosi scontri in strada e la certezza di avere evitato un esito ben più inquietante: «Inaccettabile. Ci vuole più attenzione da parte di tutti», aveva tuonato allora il dg Giovanni Gardini, al riguardo. A Roma a finire nel mirino, stavolta, è stata la squadra..