(M. Cecchini) – Fa un po’ sorridere vedere gli ultrà di Roma e Lazio sfidarsi con Lupe e Aquile nel segno dell’antica Roma. In quei giorni, chi di loro avesse avuto in animo di compiere violenze durante gli incontri, avrebbe corso rischi seri, perché gli imperatori contro i delinquenti «da stadio» non scherzavano affatto. Anzi. Negli Annali di Tacito, infatti, viene raccontato il drammatico «derby» gladiatorio avvenuto nel 59 d. C. tra Pompei e Nuceria (l’attuale Nocera), con tutte le relative conseguenze. «Gli spettatori cominciarono a deridersi a vicenda si legge scagliandosi insulti e volgarità.
Poi passarono alle pietre e infine alle armi. I tifosi di Pompei, più numerosi dato che lo spettacolo si svolgeva a casa loro, ebbero la meglio, e così molti avversari furono riportati a casa mutilati. Non pochi piangevano la morte di un figlio o di un padre». Il fatto suscitò un’eco così grande da scatenare una forte reazione imperiale. Niente fragili daspo, piccole pene detentive, oscure connivenze dei club o ipocrite analisi sociologiche. L’organizzatore dell’evento e coloro che avevano fomentato i disordini furono condannati all’esilio e l’anfiteatro (l’impianto, diremmo oggi) squalificato per dieci anni. Altri tempi. Adesso neppure l’ex ministro degli Interni, Roberto Maroni, oserebbe mai così tanto…