(M. Cecchini) – E adesso verrebbe persino da chiedersi: «Che cosa sarebbe successo se…?». Se incassato il no di Guardiola (scontato) e Villas Boas la Roma già nel 2011 avesse puntato subito su questo francese con una faccia da cinema (qualcosa tra Jean Gabin, Yves Montand e JeanPaul Belmondo).Rudi Garcia fu contattato e piacque parecchio,mail fascino esotico di Luis Enrique prima e quello eretico di Zeman un anno più tardi, fece virare le scelte altrove. Ebbene, a volte la storia offre una seconda possibilità e la Roma americana sull’orlo del baratro dopo due annate disastrose e i no un po’ umilianti incassati da Mazzarri e Allegri ha scoperto i pregi di un allenatore apparentemente lontano dal virus della «fenomenite».
Eppure i numeri adesso raccontano situazioni fuori dall’ordinario: i gol realizzati solo nel secondo tempo (12) e soltanto dopo aver effettuato sostituzioni, i 9 giocatori diversi a segno, la sola rete al passivo frutto dei pochissimi tiri finiti nello specchio della porta e poi, soprattutto, le 5 vittorie consecutive che hanno proiettato questa squadra (insultata da tanti tifosi in ritiro solo due mesi fa) ad entrare nell’almanacco dei record. Potenza dei telefonini vietati o semplice professionalità innestata sul tronco inquieto di Trigoria? La risposta è facile quando i giocatori raccontando il «loro» Garcia battono il tasto soprattutto sulla psicologia usata nei loro confronti. Una sorta di corso accelerato di autostima che ha trasformato tanti buoni giocatori alcuni dei quali cooptati in un comitato di saggi da consultare secondo necessità in una squadra che conosce le regole e le rispetta.
Con una postilla: le norme non significano solo divieti. Tanti spiegano infatti come il francese fin dall’inizio abbia detto: «Quando siete liberi, siatelo davvero». E quindi il caffè, la bibita gasata o il generico strappo alimentare visto generalmente come trasgressione, può essere vissuto invece alla luce del sole se ciascun calciatore conosce il proprio corpo e il significato della parola professionalità. Come dire, Garcia ama lavorare con degli uomini e non con dei tipi da marcare a uomo, pretendendo ad esempio dagli stranieri (a cominciare da se stesso) che imparino subito l’italiano. A quel punto, per difenderli è pronto a sfidare chiunque, persino i tifosi, come ha dimostrato nel caso Osvaldo.
Fatta metabolizzare ai media la conferenza anticipata a due giorni prima del match (per favorire la concentrazione della vigilia), adesso gli resta da vincere la sfida più difficile, quella della continuità. Perché nella storia del nostro calcio , dopo aver ottenuto 5 successi consecutivi in avvio, solo Juve e Milan sono riuscite a vincere lo scudetto (10 volte in due), mentre Livorno, Bologna, Inter, Torino e Napoli non ce l’hanno fatta. Questioni di testa oltre che di gambe, raccontano le cronache. Ecco, l’impressione è che Garcia possa materializzare un sogno proprio perché non ha l’aria d’inseguirlo.E a pensarci bene, in fondo anche Belmondo con quella sua espressione un po’ guascona se fosse seduto sulla panchina della Roma forse farebbe lo stesso.