(A.Scanzi) – Il volto e il cognome da sergente di ferro, il nome (in onore del ciclista tedesco Altig) che incute una tenerezza vaga, la parlata da ispettore Clouseau. Il 49enne Rudi Garcia è uno, nessuno e centomila. Finge istintività, calcolando però ogni mossa. Allenatore sin qui impeccabile, perlomeno nella neonata esperienza italiana, è già assurto a idolo romanista. Non solo grazie ai risultati. C’è in lui la continua ricerca di una ricetta che mescoli ironia e paraculismo, machismo e buonismo.
Si era presentato con un “Chi contesta è della Lazio”, forse troppo hard come prima mossa. Settimana dopo settimana, ha saputo aggiustare il mirino. Ormai padroneggia la tivù come un Mourinho quasi umile o un Lotito intellettuale. Se il presidente della Lazio è dichiaratamente caricaturale, tra latinismi e smargiassate, Garcia gioca al piacione duro ma autoironico. E gioca bene, ottenendo il plauso dei tifosi e i sorrisi estasiati di Ilaria D’Amico, Nostra Signora dei Feticisti, che ormai lo ama perdutamente (e si vede). Il suo “On a remis l’église au milieu du village”, “Abbiamo rimesso la chiesa al centro del v i l l a g g i o”, sarebbe stato un tweet perfetto per il fake di Casaleggio. Quando ha davanti un giornalista, il Filosofetto Rudi shackera frasi brevi. Regala proverbi strani e motti ammiccanti. Poi, sapientemente, titilla la curva: “Da oggi sono uno di voi, mi sento davvero romanista”. Se fosse un leader politico, sarebbe Renzi. Se fosse un personaggio letterario, sarebbe un cattivo ma non troppo nei gialli di Fred Vargas col Commissario Adamsberg. Se fosse un allenatore, sarebbe Garcia. Uno bravo, molto. E furbo, moltissimo.