(P.Mei) «Me sò messo a piagne’», sorrideva con la bocca che andava da un orecchio all’altro il ragazzo che appena fuori dal cancello dell’Olimpico aveva il campo sufficiente alla prima telefonata della liturgia del sollievo romanista. «Acqua e birra, acqua e birra»cantilenava a voce alta l’ambulante pronto all’ultimo affare di giornata dalla parte dei vincitori. Dall’altra la birra l’avevano evocata prima della disfida con una Curva Nord volutamente deserta e uno striscione che recitava “Ah, già, c’è il Memorial Derby: finisco la birra e poi entro”. Avrebbero aspettato il fischio d’inizio per tracimare di corsa verso la ringhiera più vicina allo stadio, mentre la curva di fronte già sventolava bandierine gialle e rosse (diversificate in settori differenti) e stendardi freschi di bucato e forse anche di cucito. Perché questo era il derby, prima: un magnifico ricordo, l’ultimo, un feroce incubo, l’ultimo. Il derby che non si gioca ma si vince, per dirla alla Garcia, che alla Roma era capitato già di non giocarlo né vincerlo in quella famigerata e celebrata (punti di vista e di vita) occasione del 26 maggio, “che giornataccia, t’avemo sbattuto la coppa in faccia” cantavano più o meno i laziali, invocando ed evocando Lulic. Il derby che non è cosa da grandi intese, pure se il sindaco si mette una sciarpa bifronte che finisce con lo scontentare tutti: del resto si augurò che la Roma non cedesse Klose…
IL MESSAGGERO Tra ricordo e incubo, alla fine ecco le lacrime
LE BATTAGLIE AEREE
La vigilia era un po’ così, dopo le battaglie aeree dell’estate: erano i laziali che ci avevano ricamato su, e chi non l’avrebbe fatto, su quel derby di una Roma imbelle e rassegnata, erano i romanisti che sapevano che questi novanta minuti d’attualità mai avrebbero cancellato quelli, ma sarebbe stato pur sempre qualcosa. Qualcosa con cui stuzzicare gli amici laziali fino al ritorno: magari quelli avrebbero risposto sempre con quella data e quella faccenda, ma un po’ avrebbero rosicato pure loro. Passava nel nulla il primo tempo; poi arrivava il gol di Balzaretti, e queste sue erano forse le più interessanti emozioni del giorno, lui il più criticato d’allora.
IL MINUTO DI LULIC
Poi arrivava pure il minuto 71, quello del gol di Lulic. Lo anticipavano l’ohhhh che fanno le curve al gol che viene dalle radioline e s’accendevano luci biancorossoverdi in curva Nord. Ma s’era ormai accesa la Roma. E ora c’era il ribaltone. Degli ultimi derby e delle emozioni. Quasi ovvio, cromaticamente, che la depressione avesse un pallido colore biancoceleste e l’entusiasmo un fuoco (fuocherello: è solo un derby) rosso e giallo. I clackson che suonano sono quelli dalla parte del Maresciallo Giardino e non del Ponte Milvio.