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IL ROMANISTA Riprendiamo il cammino senza paure

Garcia

(G. Sanzotta) Stavolta è cominciata bene e fermarci proprio mentre stavamo per assaporare un piacere che da anni ci era stato negato è stato un vero delitto. Diciamolo con sincerità, questa pausa per la nazionale non ci voleva proprio. Come tifosi e appassionati di calcio ai mondiali in Brasile ci vogliamo andare, ma interrompere un’emozione è un gran fastidio. Inoltre la noia e l’attesa garantiscono il tempo per rinverdire vecchie paure, per far risorgere dubbi, per lasciare spazio alle masturbazioni mentali di quei tifosi che sulle radio della Capitale ci bombardano di giudizi sulle capacità dei dirigenti, sulle finanze degli azionisti, sulle volontà di fare grande la Roma. Perplessità ingiustificate sui nuovi arrivati, rimpianti per i partiti. Insomma un pianto che ha sfumato quella felicità imprevista per una squadra che si è presentata all’appuntamento con il campionato pronta, matura, con una propria identità. Una squadra vera.

Lo so che Livorno e Verona non sono il Barcellona, ma ditelo al Milan che in Veneto ha perso. Poi non dimentico che in un passato vicino, cioè lo scorso anno, abbiamo perso o fatto figuracce con squadre non più forti di quelle che abbiamo strapazzato in questo avvio. Per questo ci voleva subito Parma per una ulteriore verifica e azzittire gli scettici. Dopo mesi di digiuno calcistico non volevamo fermarci, la fame non ci è assolutamente passata e Parma era e resta la verifica per indurci o meno a lasciare spazio ai sogni.

La nazionale ha fermato il nostro ruolino di marcia. Un po’ come quando si programma un viaggio e appena passato il casello dell’autostrada c’è chi ti chiede di fermarti all’autogrill per fare pipì. Una vera rottura. Pur non volendo apparire come Furio nel film, Bianco rosso e Verdone, questa sosta non ci voleva proprio, pur prevista nel calendario è un imprevisto per noi che presa la rincorsa non volevamo fermarci. Inoltre ha lasciato il campo alle paure. Così i discorsi dell’estate sono tornati tutti, lo stadio è una chimera, c’è chi rimpiange Lamela e Marquinos, convinto che con loro saremmo da scudetto. Chi non crede che De Rossi sia un pilastro per questa squadra e perfino chi avrebbe voluto un attaccante sconosciuto ma dal nome esotico come se bastasse questo per farne un campione. Un po’ rimpiango quel tempo – scuserete è anche per l’età – in cui noi tifosi non ci preoccupavamo tanto dei conti societari, non scrutavamo i rapporti tra gli azionisti, ma ci limitavamo ad appassionarci per quella maglia. E per quei calciatori che la onoravamo per impegno e capacità, per quegli allenatori che ci davano momenti di entusiasmo. Abbiamo gioito anche con Oronzo Pugliese e abbiamo fatto i cori per un tale Enzo di cui la maggior parte dei tifosi oggi ignora l’esistenza. Proprio la pausa per la nazionale mi ha costretto a sentire discussioni infinite basate sul nulla, quasi come la telenovela su Berlusconi (è stato condannato, domani o tra un mese o forse due dovrà lasciare il Senato, il resto sono chiacchiere).

Parole in libertà sono quelle sulle casse della Roma, sugli sponsor, sui bilanci, sullo stadio. Dimenticando che in due partite abbiamo segnato 5 reti senza incassarne una. Che siamo in testa alla classifica insieme alle migliori. Troppo poco per fare festa, ma abbastanza per andare a Parma senza paura. E soprattutto per presentare il conto la settimana successiva a chi, a fine maggio, ci ha rovinato l’estate. Possiamo sperare perché questa squadra riesce a darci fiducia, perché ha carattere e uomini veri. E perché non dirlo: un allenatore con carisma e chiarezza di idee. Così abbiamo visto giocare una squadra, capace di tenere la palla a lungo, senza quel fraseggio sterile, reliquia preziosa per agli adoranti del dio calcistico Guardiola (versione Barcellona). L’abbiamo vista verticalizzare senza quegli assalti scellerati che ci esponevano inermi alla reazione degli avversari.

Tutti i fondamentalismi sono pericolosi, anche nel calcio. Garcia invece mi sembra un laico che sa scegliere per il meglio, senza dogmi e con concretezza. La Roma che abbiamo visto è così. Attacca e crea occasioni, si difende con attenzione e lascia agli avversari poche possibilità. Per questo ora sappiamo che abbiamo una squadra vera. Ed era tanta l’ansia dopo la liquidazione del Verona che avremmo voluta rivederla subito in campo. Dovremo aspettare, anche più degli altri. Ma archiviata la nazionale riprendiamo a parlare della nostra Roma, di chi c’è oggi, rispolveriamo il nostro entusiasmo, la nostra passione. Torniamo ad emozionarci, a sperare, a giocare con la nostra antica ironia romana su avversari e avversità. I bilanci lasciamoli a Pallotta. Vincere a Parma provocherebbe un’esplosione di entusiasmo, il carburante giusto per vincere la domenica successiva la sfida con chi si è illuso di rappresentare questa città da un punto di vista calcistico. Invece Roma è la Roma. Ricordiamoglielo. Cominciando da Parma, passando per il derby e guardando oltre. Un grande cammino inizia con un primo passo (Mao). Noi l’abbiamo già fatto, adesso continuiamo così. E cari tifosi polemici…vediamo il bicchiere mezzo pieno: quante squadre sulla carta sono più forti della nostra?

 

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