(V. Meta) – Che la Roma potesse vincere questo derby era prevedibile, e per tanti motivi. Che potesse ritrovarsi in testa dopo quattro giornate con il doppio dei punti della Lazio in fondo pure, perché s’era capito che con Rudi Garcia (ora più che mai uomo derby, visto che non ne ha mai perso uno) si respirava tutta un’altra aria. Ma che a farglielo vincere fossero un gran sinistro al volo di Federico Balzaretti e un rigore a tempo scaduto di Adem Ljajic, questo non era tanto prevedibile. Figuriamoci se poteva essere previsto.
Sarà per questo che è così bello.
Alla fine è Gervinho a vincere il ballottaggio con Ljajic per la terza maglia in attacco accanto a Florenzi e Totti, unica variante rispetto all’undici di partenze del Tardini. Nessuna sorpresa per Petkovic, che conferma il solito 4-1-4-1 con Klose riferimento più avanzato, ma pronto a rientrare dietro la linea della palla tutte le volte che il possesso è della Roma. Ne consegue un primo tempo che lascia molto a desiderare non solo sul piano dello spettacolo (oltre che per l’atteggiamento tattico della Lazio, anche per l’imprecisione della Roma in fase di impostazione) ma pure su quello delle emozioni, visto che l’unico sussulto di quarantacinque minuti altrimenti noiosissimi è una punizione-cross di Totti che alla mezz’ora pesca tutto solo sul secondo palo Gervinho, la cui deviazione di testa manda il pallone sul fondo a due passi dalla linea di porta. Il 4-3-3 di Garcia diventa 4-2-3-1 in fase di non possesso, con Pjanic al centro della trequarti per provare a passare fra le maglie del fittissimo centrocampo di Petkovic, che d’altronde intasa la mediana proprio per liberare le fasce: solo che quando Garcia invece manda Strootman invece di Balzaretti a prendere Candreva, il tecnico biancoceleste deve rivedere pure la sua unica certezza, costretto com’è a invertire gli esterni. De Sanctis può limitarsi a cacciare qualche urlo prima di rinviare dopo qualche calcio piazzato concesso sì ma disinnescato, mentre ad avere più di qualcosa da recriminare è Florenzi, che al 41’ si vede arrivare una bella palla in area da Gervinho, che si era liberato di Konko ed era riuscito a crossare, ma impatta male il pallone di controbalzo e spreca la seconda occasione della partita.
Tutt’altra storia nella ripresa: dopo due minuti Pjanic prolunga di testa una punizione di Totti, Benatia sbuca sul secondo palo ma per pochissimo non riesce a impattare il pallone, ne passano sei e Ciani scheggia la traversa con un colpo di testa sulla punizione di Hernanes. Garcia toglie Florenzi (ammonito) e butta dentro Ljajic: arrivano due angoli in due minuti, sul primo Ciani sfiora l’autogol, sul secondo De Rossi vede il suo tentativo di testa finire a lato di un soffio. Due minuti più tardi, cross di Lulic, Klose sfiora con il ginocchio, tutti la vedono dentro tranne De Sanctis che va a raccogliere la palla sull’esterno della rete e urla un po’ più forte. I compagni lo sentono. Uno in particolare, quello che non t’aspetti. Il solito Balzaretti centra il palo da due passi, la palla torna in campo e Ljajic la manda alta. Il Balzaretti inedito, invece, dopo nemmeno un minuto si vede arrivare sul sinistro un taglio di Totti e calcia al volo senza guardare.
Peccato, perché vedere il pallone che sfila in faccia a Marchetti e s’insacca nell’angolino lontano è bello e imprevisto, anzi bello in quanto imprevisto. La Roma guadagna metri ogni minuto che passa e in contropiede vola, non fosse che prima Ljajic (cross basso su cui non arriva nessuno dopo uno scatto di venti metri), poi Gervinho (destro malamente a lato, che non rende merito alla gran progressione solitaria) non riescano a trovare il raddoppio. A 9’ dalla fine Lazio in dieci per il rosso diretto a Dias, entrato da nemmeno tre minuti, per un brutto fallo da dietro su Totti. La punizione va a batterla Ljajic con il destro, la palla gira e spiove, Marchetti ci mette la punta delle dita e la alza in angolo. Il serbo si rifà a tempo scaduto, procurandosi e trasformando il rigore che li rimette al loro posto: dietro e con la metà dei punti.