(F. Bocca) – Rudi Garcia, quello che i derby non si giocano ma si vincono (appunto…), l’uomo che ha riportato la Roma dopo tre anni al comando e tirato fuori squadra, società e tifosi dall’imbarazzo del derby perduto in finale di Coppa Italia quattro mesi fa, è serafico. «Abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio » ha profferito citando un detto francese. Sembrerebbe più un parroco dal pulpito che l’urlo di vittoria di un allenatore che ha fatto suo il primo derby romano. I gol di Balzaretti e Ljajic hanno messo in ginocchio la Lazio che forse adesso smetterà di rinfacciare ai rivali il derby del 26 maggio, quello che ha fatto passare una pessima estate ai giallorossi e scatenato l’ennesima rivoluzione nella Roma americana: addio di Baldini, basta con l’utopia e i giovani a tutti i costi, meglio la via di mezzo e una squadra che faccia risultati subito e non tra dieci anni. E soprattutto una squadra consegnata nelle mani del francese, tecnico all’avanguardia e pure «psicologo, certo, perché no, abbiamo studiato anche questo».
La Roma è a punteggio pieno perché nel secondo tempo, com’è ormai prassi, ha fatto sua la partita. La prima metà del derby si sarebbe potuta buttare via tranquillamente, inguardabile e noiosa: accompagnata anche dai soliti inverecondi buu razzisti a Maicon e Cavanda. Due squadre impaurite dal rischio della prima mossa. Petkovic ha affrontato la Roma con una Lazio che veniva pari pari dallo scorso anno, non un nuovo giocatore, a causa di infortuni e scelte tecniche. La Roma al contrario ne ha messi cinque (De Sanctis, Maicon, Benatia, Strootman, Gervinho, più Ljajic nel secondo tempo): vuol dire che Garcia è riuscito a mettere nuovo e vecchio insieme. O meglio i nuovi intorno a Totti e De Rossi, per essere più chiari. L’età di Totti al momento è solo questione di dogma, anche in questo derby ha dimostrato che il traguardo dei 40 non è invalicabile: un po’ come le Colonne d’Ercole, dopo c’è altro mare. Il capitano ha messo il piede nelle azioni chiave, soprattutto in quella del gol di Balzaretti, un altro miracolato dal parroco Garcia. Sembrava ai margini e ha tirato fuori due siluri al volo, il secondo dei quali ha fulminato Marchetti e scardinato la prudentissima e timida Lazio.
Prima del tiro decisivo Balzaretti era finito fuori dal campo per qualche secondo, per poi rientrare e colpire, lasciando tutti interdetti e scoppiando dopo in lacrime. «Una situazione un po’ strana, ma non irregolare» ha ammesso il cavalier Petkovic. Che però mai è riuscito a metter paura alla Roma. I suoi big, a cominciare dal gigante dimezzato Klose e il fievole Hernanes, non hanno mai acceso la luce. Tanto meno Lulic che pure segnò il famoso gol vittoria in finale di Coppa. Ci sarebbe potuta essere ancora partita se la Lazio non fosse rimasta in dieci, causa espulsione di Dias, in campo esattamente 4 minuti, tempo che intercorre tra la sostituzione di Ciani e il rosso di un frettoloso Rocchi, troppo severo per un banale fallo spalla a spalla sul rotolante Totti (sia pure lanciato verso la porta). Ljajic, entrato al posto di Florenzi, all’ultimo secondo di partita si è procurato (fallo di Ledesma sul limite dell’area) e calciato il rigore del 2-0: la strada dei giovani talenti alla Roma è meno praticata, ma non cancellata. Il cavalier Petkovic ha fatto spallucce: prima ha detto che la Lazio ha avuto le sue chances (mica tante…) e poi che «la Roma non ha rubato niente, ha meritato». Il parroco Garcia che fino a ieri aveva giocato i derby tra Lille e Lens è salito subito sul carro del trionfo: «Cari tifosi, adesso mi sento uno di voi, adesso mi sento romanista!». Non furbo, furbissimo.