La protesta guidata dai tifosi dell’Inter: “Siamo con i milanisti e i napoletani. E ora dappertutto cori discriminatori”. Abete: “Riflettiamo”. Ma Malagò lo blocca: “Adeguiamoci a norme Uefa”. Lotito: “Platini non è il vangelo, norma da rivedere. Così siamo ostaggio di teppisti”. Beretta: “Lesi i diritti dei veri tifosi”.
Cori discriminatori contro i napoletani e lo stadio del Milan viene chiuso, gli ultras napoletani che si preoccupano di dare solidarietà ai colleghi rossoneri con un provocatorio “Napoli colera e adesso chiudeteci la curva anche a noi”, quelli dell’Inter che esprimono totale vicinanza ai ‘colleghi’ del Milan esprimendo parole di stima anche nei confronti dei napoletani (“stiamo con loro”) prima della ‘doverosa’ precisazione (“contro di loro coltiviamo forse la nostra più acerrima inimicizia”). Quindi l’invito, sempre degli ultras nerazzurri, a tutte le tifoserie d’Italia a coalizzarsi con cori ben definiti, in modo da costringere la giustizia sportiva a chiudere tutti gli stadi. Una sorta di mal comune mezzo gaudio inevitabilmente destinato a penalizzare quei tifosi tranquilli (ce ne sono tanti) e quelle famiglie – poche – che hanno l’abitudine di andare allo stadio per godersi la partita senza l’ossessione di fare il tifo contro. E questo mentre il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, fa il sindaco, ed invita a non parlare di forme diverse di razzismo…
Insomma, la questione delle norme contro la discriminazione territoriale rischia di spaccare, anzi lo sta già facendo, il nostro calcio. E l’appello degli ultras dell’Inter difficilmente resterà inascoltato. Il mondo del tifo estremo vive di regole particolari, con l’odio – non è un termine esagerato – che sussiste tra parecchie tifoserie che in un baleno può ribaltarsi in indissolubile complicità. Senza addentrarci in analisi sociali particolarmente profonde, limitiamoci a ricordare che questo è il paese dei comuni, che l’insulto all’antagonista è pratica diffusa da centinaia d’anni, che all’offesa al prossimo è proprio arduo rinunciare. Prendete ad esempio un qualsiasi torneo dei bar del periodo estivo, andate a vedere l’atteggiamento del pubblico, estendetelo all’ennesima potenza e il gioco è fatto. Una situazione da cui uscire è difficilissimo. Le norme dell’Uefa a proposito del razzismo sono chiarissime e Michel Platini – uno che qualcosa conta – ne fa una vera e propria bandiera della propria presidenza. Giovanni Malagò, numero uno dello sport italiano, invita il calcio italiano a seguirle e tira per un braccio – metaforicamente per fortuna – il presidente della Figc Giancarlo Abete, un maestro dell’equilibrio nel precisare che l’Italia si adegua alle norme internazionali dopo aver aperto a Galliani con una frase (“E’ opportuna e doverosa una riflessione sulle modalità applicative”) che dice tutto e niente al tempo stesso. E gli altri? I dirigenti e presidenti stanno, chi più chi meno, con Galliani, del resto l’acqua al proprio mulino la tirano tutti. Il presidente della Lega Beretta ha auspicato una revisione della norma: “Con questo sistema di sanzioni si rischia di consegnare le chiavi degli stadi, la regolarità del campionato a piccole fazioni di esagitati e di ledere, invece, i diritti di decine e decine di migliaia di veri tifosi che non posso vedersi chiusi gli stadi” ha dichiarato in serata al Tg1. Ovviamente Beretta parla a nome dei club di A, ma anche in B il problema sussiste eccome: “Un altro passo falso e la curva nord della tifoseria bresciana sarà chiusa”, fanno sapere dalla Questura di Brescia dopo i fatti della gara interna con il Palermo. Il presidente della Lazio Claudio Lotito non ne può di giocare in Europa sentendo solo il rumore del pallone (con l’Apollon sarà la terza a stadio chiuso) e, sfinito, fa una concessione: “Se un settore ha un comportamento di un certo tipo deve essere chiuso, ma non tutto lo stadio. La norma va cambiata, così siamo ostaggi di 50 ultras. Platini non è il Vangelo “. Intanto si avvicina Roma-Napoli. Una volta le tifoserie, gemellate, se la godevano tra baci e abbracci. Stavolta c’è un pezzettino di scudetto che balla e un amore che negli anni si è trasformato in avversione. Riuscirà la curva delle Roma, che già ha subito una chiusura (contro il Verona), ad incitare la propria squadra senza cedere alla tentazione di… Stavolta si rischierebbe la chiusura dello stadio, con la squadra consì lanciata non sarebbe il massimo, ma le orecchie degli 007 federali saranno affinate come non mai. Dunque un vero caos. Se continua così, chissà, magari un giorno all’entrata allo stadio potrebbe essere distribuito un decalogo per il tifosi modello da seguire alla lettera: questo coro si può fare, quest’altro no. Al calcio italiano manca solo tale trovata.
Fonte: Repubblica.it