(M. Sconcerti) – C’è qualcosa di grande e di antico nella Roma di Garcia. Gioca un calcio molto attento, decisamente difensivo, ma lo fa cercando sempre la qualità. Così, quando riparte è sempre in vantaggio nei tempi di gioco. La parte eccezionale è nel quasi niente che fa fare agli avversari.
Il Napoli stavolta è stato sfortunato, ma non è mai sembrato in grado di vincere. I centrocampisti potevano solo rincorrere Pjanic, Gervinho eStrootman, mentre i quattro attaccanti, potendo solo partire da fermi, non vincevano un dribbling. Quando Pandev si è trovato solo davanti a De Sanctis è sembrato quasi un’allucinazione. Ha sbagliato forse per sua stessa meraviglia.
Non è stata una grandissima Roma, è stata però una grande squadra. Difficile giocarci contro, ti costringe al suo ritmo, è sempre padrona del campo anche quando si chiude in area. Condanna gli altri alla banalità. Una squadra benissimo allenata, con un miscuglio di gioventù ed esperienza, classe e forza fisica. È senz’altro da vertice, è anzi sorprendente la coesione che emana, si chiude e si apre come una mano.
Non è un calcio nuovo, ma un calcio intelligente portato molto avanti dal senso del gruppo e dalla magia delle cose che funzionano. Forse non potrà sempre correre come adesso, forse già ieri sera si sono viste piccole involuzioni (comprese quelle casuali degli infortuni di Totti e Gervinho), ma la squadra è certamente da corsa indeterminata. Può vincere. I numeri sono impressionanti. Nessuno in Europa li ha e nessuno in Italia li ha mai avuti.
Il Napoli ha pagato troppo i suoi peccati. Una difesa non all’altezza che per essere protetta toglie giocatori al centrocampo. A quel punto subisci senza poter ripartire, fai il gioco della Roma. Sono mancate le differenze diHamsik, di Callejon, anche di Insigne. Sono state pagate molto quelle diAlbiol, Mesto, Cannavaro. Meglio la gente di Napoli: ha applaudito l’angolo di stadio che invocava il fuoco del Vesuvio. Finalmente un po’ d’ironia territoriale