(I. Cucci) – Il tocco magico vincente del reprobo Osvaldo – uno dei miei bad boys preferiti, il più respinto e rimpianto – ci aveva illuso: ecco – pensavamo – l’inizio di una favola degna del Paese del favoliere massimo, Hans Christian Andersen; di lì a poco, l’irridente doppietta di Bendtner rifilata all’attonito Buffon ci ha riportato alla realtà.
Al momento, giustamente soddisfatti dell’anticipata qualificazione, pecchiamo di quantità e qualità. (…)Non amo certo i toni sciovinisti, il patriottismo pallonaro mi sfiora ma non m’ispira, e tuttavia non rinnego il fatto che appena una settimana fa ho cantato le gesta della Roma con l’omerica cetra, peraltro reduce da numerose entusiastiche dediche alla cantante magia del Napoli. E adesso arriva Roma-Napoli, l’Altra Faccia del calcio nostrano, vetrina di una raggiunta maturità tecnica e di una affiscinante supremazia tattica ormai imposta al mondo, con il Contropiede che ha contaminato anche il puro pensiero di Arsene Wenger, a spese di un Benitez smemorato o ritardatario.
Colgo l’obiezione: la Nazionale è tutta italiana, il campionato è ormai ceduto a oltre il cinquanta per cento di pedatori stranieri, ecco dove sta la differenza. Ma non costringetemi a fare il lungo e tormentoso elenco di bufale importante più ad uso dei procuratori che degli allenatori, limitiamoci a gioire degli acquisti azzeccati, degli Higuain, Callejon, Reina, Albiol e Martens generosamente offerti a Benitez, come dei Benatia, Strootman, Ljajic, Maicon e Gervinho chiesti da Garcia.
Senza dimenticare che agli assemblaggi provvedono due tecnici di qualità.Garcia, in particolare, mi sembra italianissimo, per cultura e stile, tant’è che ha basato il fascinoso rilancio della Roma su una difesa potente e costruttiva e su due classici Piedi Buoni, De Rossi e Totti. Tutto questo è avvenuto con quel minimo rispetto dovuto alla Spending Review – alla spesa oculata – che anche il calcio ha esibito. Alla faccia dei Ricchi Scemi d’antan.