(G.Sanzotta) – C’era un tempo in cui la partita con il Napoli era il nostro vero derby. Nel mio quartiere non c’erano ragazzi tifosi della Lazio. Così l’attesa era per questa partita. I napoletani arrivavano con le loro auto, il ciuccio, i cartelli più o meno ironici. Venivano annunciati dal suono dei clacson e dagli immancabili petardi. Noi ragazzi li aspettavamo lungo la Tuscolana o l’Appia con le nostre bandiere giallorosse e gli sfottò. Talvolta finiva a sassate e con qualche pugno, ma più spesso era solo teatro. Lo chiamavano derby del sud e ci emozionava. Eppure non era in gioco alcuno scudetto, dovevano venire Falcao e Maradona per sognare in grande. Noi, diciamolo senza arroganza, più di loro. Infatti finita l’epoca Falcao abbiamo continuato a vincere. Per il Napoli, dopo Maradona, sono stati anni di notte fonda. Forse anche per questo da quelle parti il campione argentino è secondo come popolarità e affetto soltanto a San Gennaro.
Adesso il Napoli vuole tornare all’antico sogno. La squadra era considerata la sola antagonista della Juventus, l’unica alternativa ai campioni d’Italia. Così a Napoli lo scudetto era più di una speranza. A San Gregorio Armeno i calciatori sono da mesi rappresentati nelle statuette e un Benitez di argilla ad altezzza naturale e con la pancia sembra guardare tutti con il sorriso bonario del vincitore. Ma ci voleva un francese con origini spagnole per riportare tutti alla realtà. Quest’anno c’è anche la Roma, anzi c’è la Roma come è normale che sia come è giusto per una Capitale con una tifoseria calda e comunque paziente. Per una città che ha nel proprio Dna la vittoria. E’ vero qui si è vinto poco. Mille ragioni, tante spiegazioni. Ma riguardano il passato e non meritano tanti pensieri. A noi adesso interessa il futuro perché i trofei antichi stanno bene nei musei ma non danno la gioia della vittoria. Prendete quei signori che consideravano il 26 maggio il giorno del giudizio universale, avevano in mano la loro coppetta e pensavano che i conti finissero così. Invece la vita è andata avanti, loro ancora fermi a pensare alle glorie (si fa per dire) passate mentre prendono schiaffi pesanti nel presente. Così lasciamo stare le mancate vittorie anche se , senza inspiegabili incidenti arbitrali (chiamiamoli così) e un po’ di sfortuna potremmo contare almeno due scudetti in più. Storia passata.
Adesso i conti vanno fatti con questa Roma. Così quella di venerdì non sarà la competizione del colore, non sarà lo scontro tra le coreografie più folkloristiche. Non è in gioco la fantasia e l’ironia degli sfottò. Nessun paragone con la mia infanzia, qui ci giochiamo la strada verso lo scudetto. Lo sappiamo che il traguardo è lontano, che abbiamo vinto soltanto sette partite (che comunque non è poco) che la scaramanzia impone la prudenza. Però non possiamo nascondere che questo spezzone di campionato sia servito a farci capire che molte delle cosiddette grandi, quelle inserite tra le favorite più per tradizione che per i valori reali, alla fine si sono rivelate molto poco grandi. Tra le favorite c’era il Milan, sulla base di cosa? Una squadra senza centrocampo e difesa come può competere? E l’Inter è ancora un cantiere.
A Milano dopo la nostra visita hanno capito che ancora c’è tanto lavoro da fare. La Fiorentina stenta a ripetere l’annata dello scorso anno. Così adesso i critici del giorno dopo hanno rivisto le loro previsioni. Sorpresa, c’è la Roma. Sorpresa per tanti soloni, quelli che non avevano capito l’importanza di Totti, anche a mezzo servizio, nel mondiale vinto in Germania. Gli stessi che ora si uniscono al coro e dicono vogliono il Capitano in Brasile. Ma non ha capito nulla nemmeno quell’ex calciatore della Lazio, ora allenatore che ha pronosticato il senso posto per la sua ex squadra considerandola inferiore alle altri grandi, ma non ha citato la Roma. Complimenti, è rimasto laziale.
Già, ci vuole moderazione, prudenza. Non è solo scaramanzia, ma va evitata anche quell’euforia che può far travisare le cose, che può colpire chi va in campo, può far apparire a portata di mano un traguardo ancora lontano. Fortunatamente c’è il comandante Garcia. Venerdì sera ne sapremo certamente di più. Daremo qualche risposta concreta in più alle domande che nascono dai nostri sogni . Anche perché affrontiamo una grande squadra. Con un attacco formidabile. Un grande allenatore e una compagine collaudata. Sappiamo che una vittoria sarebbe il trionfo, ma una sconfitta non sarebbe la delusione. Sappiamo che intorno all’Olimpico ci saranno tanti gufi. A quelli non resta altro da fare, ormai anche la coppetta si è consumata. Ma sappiamo anche che si giocherà proprio a Roma, fortunatamente è stata scongiurata la possibilità di invertire i campi. Perché mai come in questo caso la Roma ha bisogno del calore di questa città e dei suoi tifosi. E inoltre, diciamolo senza spocchia, stavolta il Napoli ha paura di noi. Pensate non stiano pensando a come fermare i nostri indiavolati esterni ? O cosa fare per disinnescare le invenzioni di Totti ? Il Napoli ci teme perché siamo una grande squadra. E a noi tifosi ci aspetta un venerdì di emozioni. Quelle che sa regalarci solo la passione per la nostra squadra. Ormai nella vita, nella politica va di moda la moderazione e la sobrietà. Almeno nel calcio lasciateci vivere emozioni e passioni. Con la nostra Roma.