(C.Zucchelli) – «Siamo rinati grazie a un fallimento, quello del 26 maggio». Che lo stupefacente avvio di stagione della Roma fosse nato dalla sconfitta nel derby di Coppa Italia, più o meno, era risaputo. Che quel k.o. avesse toccato così tanto i giocatori, anche quelli nati e cresciuti a migliaia di chilometri da Roma, probabilmente no. A spiegarlo ci ha pensato Michael Bradley, al momento infortunato (ma in via di guarigione, col Napoli dovrebbe esserci) con un problema alla caviglia, che quel giorno in campo era uno dei titolari: «Sappiamo tutti cos’è il calcio ai massimi livelli, specialmente quando arrivi a una finale, dove conta chi è in grado di fare una giocata. La linea di separazione tra vincere e perdere è molto sottile. Certamente perdere con i nostri più grandi rivali in una finale di coppa, dando loro la possibilità di alzare un trofeo di fonte a noi, di fronte ai nostri tifosi, è stato un momento molto buio. Senza dubbio uno dei giorni peggiori della storia del club».
RINASCITA – Eppure, cosa impensabile fino a un paio di mesi fa, la Roma è riuscita a mettersi tutto alle spalle e a trovare, dice Bradley al programma World Football, la forza per ripartire: «Sotto quel dispiacere c’erano le fondamenta per il futuro. In estate la società ha fatto un ottimo lavoro, prendendo un allenatore giusto e dandogli la possibilità di lavorare con i giocatori che voleva». Tra questi De Rossi, Pjanic e Strootman: quando recupererà dall’infortunio per Bradley non sarà facile trovare spazio, anche perché tra le seconde linee c’è un Taddei in grande spolvero che ha conquistato Garcia.
AMICO E’ – L’americano, però, non sembra preoccuparsene. Almeno per il momento il suo unico scopo è quello di tornare a posto fisicamente. In questo senso, anche in questo senso, l’esempio è quello di Totti, che a 37 anni si allena come un ragazzino: «Lui è un idolo per tutti noi, oltre che un amico. È un simbolo e la gente lo rispetta soprattutto per la sua lealtà. Poteva andare al Real Madrid o in altri club, ha scelto di restare a vita alla Roma. Credo che sia una leggenda». Non a caso, anche nel suo paese, gli Stati Uniti, è l’unico romanista famoso.